Russia ostile, per le Marche ballano un milione di scarpe. Confindustria: «Le sanzioni fanno più male a noi che a Putin»

L'export vale complessivamente 257 milioni, soprattutto calzature

Russia, ballano un milione di scarpe. Confindustria: «Le sanzioni fanno più male a noi che a Putin»
Russia, ballano un milione di scarpe. Confindustria: «Le sanzioni fanno più male a noi che a Putin»
di Lorenzo Sconocchini e Massimiliano Viti
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Mercoledì 1 Maggio 2024, 02:00 - Ultimo aggiornamento: 10:50

ANCONA L’interventismo del Cremlino nell’economia di guerra, che ha portato il presidente Putin ad annettere le sussidiarie russe del gruppo fabrianese Ariston e della tedesca Bosch, fa salire la tensione e l'instabilità di un mercato da sempre importante per l'economia marchigiana. Prima dell'attacco all'Ucraina del 24 febbraio 2022, sulla rotta Marche-Russia ballavano un milione di paia di scarpe ed esportazioni per circa 305 milioni di euro l’anno (350 prima del Covid) con il settore calzaturiero del distretto Fermano-Maceratese in prima fila (il 30% circa del totale). 

Rimbalzo dopo il conflitto

Adesso, a 26 mesi dall’inizio della guerra scatenata da Putin, il valore dei prodotti marchigiani esportati in Russia è a quota 257,5 milioni, stima provvisoria del 2023, in risalita del 4,2% rispetto all’anno precedente. Il balzo più grande l’ha fatto il calzaturiero, salito nell’ultimo anno da 73,3 milioni a 94,5 (+29%), incremento dovuto anche al livello minimo raggiunto nel 2022, anno in cui l’avvio del conflitto ha ridotto il flusso di merci verso Mosca. Un valore comunque inferiore del 14,5% a quello pre Covid 2019 e addirittura del 68% rispetto al record del 2013. Proprio nel calzaturiero si addensano le maggiori preoccupazioni per il brusco peggioramento dei rapporti diplomatici e commerciali tra Italia e Mosca, sancito l’altro ieri dalla messa in mora dell’ambasciatore russo, a cui la Farnesina ha chiesto di ritirare il provvedimento del Cremlino che trasferisce temporaneamente la Ariston russa a Gazprom, e della replica piccatissima della Federazione Russa, che parla di reazione ad atti ostili dell’Italia, per l’appoggio (non citato ma sottinteso) all’Ucraina.

Il picco del 2014

Un quadro internazionale che fa temere ulteriori sanzioni e ripicche. Certo, già da una decina d'anni il fatturato delle imprese marchigiane diretto verso la Grande Russia non è più quello di una volta, quando prima del 2014 (quando scattarono le sanzioni legate all'annessione della Crimea) aveva raggiunto un picco di circa 725 milioni di euro l’anno, con il calzaturiero a quota 294,8 milioni. Con i canali dell’export strozzati già da quelle restrizioni contro Mosca, le imprese marchigiane si sono riposizionate, cercando nuovi sbocchi in altri Paesi per sopperire al calo degli ordinativi.

Ma la Russia restava pur sempre l’ottavo mercato dell'export marchigiano (poco meno del 3% del totale) con un trend che aveva ripreso a risalire proprio nei mesi precedenti allo scoppio della guerra dopo un 2020 (274 milioni l'export totale delle Marche) segnato da una flessione del 21,6% per la pandemia.

Già nel 2021 l’export marchigiano era risalito a 305,8, poi nel 2022 un nuovo crollo (247 milioni) dovuto all'inasprimento delle sanzioni (tra cui quella che vieta di vendere alla Russia beni di lusso di valore unitario superiore a 300 euro) e nell’ultimo anno i segnali di una nuova ripresa, che ora rischia di fare i conti con l'irrigidimento di Putin verso le imprese dell’Unione europea. Valentino Fenni, presidente dei calzaturieri in Confindustria Fermo e vicepresidente di Assocalzaturifici, definisce stabili gli ordini provenienti da Russia e Ucraina «mercati ancora importanti per il distretto calzaturiero marchigiano».

Sotto i 300 euro

Su 100 euro di calzature italiane esportate in Russia, un terzo parte dalle Marche, per distacco la prima regione per valore esportato. «Le sanzioni hanno fatto più male a noi che al governo russo. Ma la qualità e i rapporti personali costruiti negli anni prevalgono. Di certo ogni tensione, anche se ci troviamo dalla parte giusta, poi impatta sull'economia - osserva Fenni, riferendosi alle tensioni degli ultimi giorni -. Ci sono sanzioni in vigore da 10 anni, altre arrivate dopo lo scoppio della guerra e altre ne arriveranno. Di sicuro non ci aiutano ad avere la tranquillità necessaria». Le calzature sotto i 300 euro al paio non rientrano nelle sanzioni, che però ostacolano i flussi di denaro da Mosca verso Fermo e Macerata. La quotazione del rublo (1 euro per 100 rubli) viene indicata come il fattore negativo maggiore poiché rende le calzature marchigiane molto costose per i russi. «Siamo vittime di una incessante comunicazione diffamatoria nei confronti dei prodotti italiani», osserva Marino Fabiani, titolare dell’omonimo calzaturificio di Fermo, che ha la Russia come principale mercato. «L’unica speranza è che finisca la guerra - confida Fabiani -. Perché ci sarebbero buone prospettive. C’è fame di riscatto e si potrebbe pensare ad una rinascita. Se invece si dovesse continuare così non so per quanto tempo riusciremo a resistere su quel mercato».

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