ANCONA In principio furono impegni improrogabili di lavoro. Poi il Capodanno cinese. Da ultimo motivazioni di natura familiare. Fatto sta che, dalla fugace conferenza stampa del 22 gennaio scorso dove si parlava addirittura di Serie A, Tony Tiong non ha più messo piede ad Ancona. Il patron biancorosso, chiuso nel suo quartier generale di Hong Kong, sta assistendo da chilometri di distanza alle problematiche - societarie e tecniche - che stanno attanagliando il Cavaliere armato. Problematiche che potrebbero essere risolte solo da un suo intervento visto che quest’assenza, prolungata all’inverosimile, sta diventando pericolosa. Molto pericolosa.
Il sindaco lo attende
Per prima cosa, andrà chiusa la pratica relativa al centro sportivo ormai dai connotati di una soap-opera.
Contatti e rischi
Le parti sono in contatto. Fisso ma non assiduo. Secondo quanto trapela da Palazzo del Popolo, da parte dell’imprenditore asiatico ci sarebbe la volontà di chiudere l’affare e - allo stesso tempo - non si percepirebbero segnali di un’eventuale retromarcia. Ovvio che, ora come ora, le parole non bastano più. Servono i fatti, chiari e limpidi. Anche nei confronti dell’amministrazione comunale che rischia un disavanzo di bilancio, con annessa mancanza di liquidità, se non dovesse incassare l’importo pattuito.
Gli interrogativi
Dietro all’affare del centro sportivo passa la credibilità di un intero percorso iniziato con la famiglia Tiong due stagioni fa attraverso l’acquisto del pacchetto di maggioranza del club (95%) di via Schiavoni dalle mani di Mauro Canil, oggi socio di minoranza e presidente onorario (nonché rappresentante italiano di Tiong). Nei piani societari si è sempre posto il centro sportivo come obiettivo primario, soprattutto in ottica futura. Se l’operazione saltasse sarebbe un danno enorme. Non solo a livello strutturale, quanto per l’affidabilità dei programmi e quindi per l’immagine complessiva. È giunto il momento di battere un colpo, senza ulteriori e deleteri posticipi. Fermo restando che la querelle non dovrà riflettersi sulla squadra chiamata, a sua volta, a rispettare l’impegno assunto: la salvezza sul campo.