«Il convegno internazionale di Ancona rappresenta l’evento centrale delle celebrazioni per i 250 anni dalla morte di Luigi Vanvitelli. Sarà una tappa fondamentale del percorso di approfondimento su questo importante architetto del Settecento, per la sensibilizzazione sul suo ruolo di artefice e di maestro di grande architettura, e la divulgazione dei suoi meriti».
L’architetto Tiziana Maffei, direttrice della Reggia di Caserta, marchigiana, così definisce l’assise che si inaugura oggi alle 15,30 alla Mole Vanvitelliana di Ancona. «Interpretò con grande capacità di visione – continua la Maffei – il passaggio da un’architettura estetica all’organizzazione degli spazi urbanistici nel paesaggio.
Il disegno del porto
«Pur di idee antifrancesi, fu il primo italiano a prendere a modello l’architettura d’oltralpe, proiettando così l’Italia in un panorama europeo. Ideò il raccordo della città con il suo scalo, come aveva fatto Jacques Gabriel con il porto di Bordeaux. Immaginò l’effetto di Ancona vista dal mare. A questo proposito, a nessuno sfugge, entrando in porto con la nave, la visione della facciata concava della Chiesa del Gesù. Ma non solo: incaricato di ampliare Palazzo Ferretti, oggi sede del Museo Archeologico, oltre a progettare lo scalone d’onore, di cui sono in corso i lavori di restauro, ne “invertì” l’assetto cinquecentesco. Progettò la facciata a mare, con la terrazza pensile, di cui resta un suo bellissimo disegno». Figlio di Caspar van Wittel, insigne vedutista, il giovane Luigi aveva girato l’Italia con il padre, addestrato a ritrarre paesaggi antropizzati, «e a studiare l’effetto prospettico, la dialettica tra natura e costruito». A parlare è l’architetto Fausto Pugnaloni, senior professor della Politecnica Marche, che domani, al convegno della Mole, terrà una relazione sul progetto del porto di Ancona. «Duecento anni dopo la costruzione della Cittadella, a opera del Sangallo, il papa Clemente XII tenta il rilancio di Ancona con il “porto franco”, e ne affida il riassetto al Vanvitelli. L’architetto-ingegnere ridisegna l’arco portuale, e così facendo costruisce un paesaggio “culturale”, in cui dialogano geomorfologia e funzioni. Edifica la Mole dove l’acqua del porto è più bassa, sulla roccia con cui termina il massiccio sovrastante, con in alto la Cittadella. E ne replica, in basso, lo sperone, aggiungendo il Rivellino in funzione difensiva: un rimando culturale al Sangallo». Poi, all’altro capo dell’arco, il Molo Clementino «ingloba e integra il sistema portuale romano, traianeo. Anche per questo, oggi, occorre ripensare quell’area con un serio progetto di recupero e valorizzazione».