All’Eremo di Montegiove Cristicchi
racconta la storia di Davide Lazzaretti

Simone Cristicchi
Simone Cristicchi
di Elisabetta Marsigli
3 Minuti di Lettura
Giovedì 6 Ottobre 2016, 17:48
FANO - All’Eremo di Montegiove,vicino a Fano, il 7 ottobre alle ore 18,30 Simone Cristicchi racconta e presenta il suo nuovo spettacolo “Il secondo figlio di dio” dedicato a Davide Lazzaretti, conosciuto come il Cristo dell’Amiata, e considerato un eretico dopo che nella seconda metà dell’800 provò a mettere in pratica una strana utopia sociale. Dopo “Mio nonno è morto in guerra” e “Magazzino 18” che è stato ospitato nella scorsa stagione del Teatro della Fortuna, questo è il terzo spettacolo che il cantautore dedica ad una storia “dimenticata”, in un filone che lo vede interprete di una sorta di “musical civile”, molto apprezzato dal pubblico e frutto di approfondite ricerche che lo appassionano e incuriosiscono molto.

Come mai ha scelto l’Eremo per presentare il tuo nuovo lavoro? 
«E’ un’idea nata parlando con Frida Neri, che mi ha raccontato di questo luogo stupendo. Così l’anno scorso, mentre ero a Fano ci sono stato, ho conosciuto i monaci e abbiamo pensato di fare qualcosa insieme perché il posto è molto suggestivo e loro sono molto aperti a discussioni di argomento religioso che non riguardino solo il mondo cattolico e cristiano. Io ho questo nuovo progetto, dedicato a Lazzaretti e la chiesetta del monastero è perfetta. So che è già tutto pieno e sono contento perché è anche un modo per fare scoprire alle persone quel luogo».

Lei è come un cantastorie ormai?
«Questa è una storia molto singolare che si è svolta in Toscana, un territorio che ho frequentato moltissimo, una terra ricca di leggende e il “Santo David”, come ancora viene chiamato, ha lasciato un segno molto forte in quella popolazione, tanto che il suo passato non è stato dimenticato: lui si fece uccidere durante una processione per salvare il suo popolo. Un personaggio misterioso, inquietante che spinge a porsi diversi interrogativi: un uomo straordinario che è vissuto in un’epoca che non lo ha capito, ma lui è stato un vero precursore, censurato e cancellato dalla storia ufficiale».

Queste “storie” le capitano, le arrivano o è lei a cercarle?
«Io sono sempre in cerca, come una sorta di antiquario, di restauratore della memoria: mi piace rovistare negli sgabuzzini e restituire identità e voce a storie dimenticate. Il teatro di narrazione è il mio habitat perfetto, una sorta di musical civile dove creo anche canzoni inedite sull’argomento. Anche questo spettacolo è una sorta di melodramma. Il teatro mi ha dato questa grande soddisfazione e in 5 anni sono riuscito a crearmi una credibilità che fa sì che non debba correre a pubblicare solo canzoni. Non è detto che poi non tornerò a fare il cantautore, che tra l’altro continuo a fare, visto che alterno gli spettacoli teatrali ai concerti».

Pensa che non esista più la memoria?
«In realtà c’è troppa memoria a disposizione che è come non averne: penso a internet che ci dà la possibilità di sapere tanto, ci sommerge di informazioni superficiali, ma nessuno approfondisce più nulla. Portare la memoria a teatro è un gesto di civiltà e di grande responsabilità. Il Teatro è un luogo dove la comunità si ritrova per farsi delle domande e il drammaturgo è colui che ha il grande privilegio di smuovere questi interrogativi. Magazzino 18 ha avuto 150mila spettatori e più di 200 repliche: visto che verteva su una tematica scomoda e sconosciuta è un chiaro sintomo che c’è voglia e bisogno di andare nella profondità delle cose».

Quest’anno non sarà nelle Marche?
«Al momento no, ma lo spettacolo ha già 80 repliche prenotate a “scatola chiusa” e sono molto felice di questa fiducia. Di sicuro il progetto andrà avanti anche il prossimo anno e spero di tornare nella vostra regione».
© RIPRODUZIONE RISERVATA