Nathan Ellis al lavoro a Polverigi per l’allestimento di “Work.txt”, spettacolo di punta di Inteatro: «Niente attori, solo pubblico»

Nathan Ellis al lavoro a Polverigi per l’allestimento di “Work.txt”, spettacolo di punta di Inteatro: «Niente attori, solo pubblico»
Nathan Ellis al lavoro a Polverigi per l’allestimento di “Work.txt”, spettacolo di punta di Inteatro: «Niente attori, solo pubblico»
di Lucilla Niccolini
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Mercoledì 14 Giugno 2023, 01:55 - Ultimo aggiornamento: 16:36

POLVERIGI - Una pioggia di stelle, ovvero un’ottima valutazione da parte dei critici teatrali dei più prestigiosi quotidiani anglosassoni ha ricevuto “Work.txt”, lo spettacolo di punta di Inteatro 2023, che si apre domani a Villa Nappi. Ideato dal drammaturgo inglese Nathan Ellis nel 2019, non prevede attori in scena: sono chiamati ad agire gli spettatori stessi, dalle poltrone. Oppure possono prestarsi a entrare in scena, tra modellini gialli di ideogrammi, posati qua e là a creare una scenografia surreale.

Si legge nelle note di scena: “Una persona in una città non meglio identificata ha appena smesso di lavorare, il pubblico dovrà cercare di capire perché”. Nathan è al lavoro in questi giorni a Polverigi per l’allestimento in italiano, prodotto da Marche Teatro, del suo spettacolo.
Ma perché, al posto di una compagnia di attori, viene chiamato il pubblico: forse perché la vita reale è difficile da rappresentare? 
«La questione all’origine dell’idea era: come si può lavorare in teatro se non ci sono attori? La domanda è correlata all’altra: in una fabbrica senza nessun impiegato, come si svolge il lavoro? L’intero spettacolo è scaturito da questa ipotesi».

“Work.txt”, in scena al Teatro della Luna di Polverigi, sabato e domenica alle 21,30 è stato applaudito dai pubblici più diversi, in giro per il mondo. Che emozioni suscita? 
«L’argomento, il lavoro e l’allontanamento da esso, non è allegro, ma ovunque è risultato molto divertente. A me provoca commozione vedere che la gente ha voglia di lavorare insieme, che volentieri le persone si prestano a collaborare, pur senza conoscersi, per fare in modo che lo spettacolo riesca.

Mi sembra una cosa molto bella, di grande umanità».

Il tema della disoccupazione e della perdita di un’occupazione, deprimente, se non tragico, a tutte le età, è spesso al centro dei film del regista Ken Loach. Nathan Ellis si è forse ispirato a lui?
«Personalmente trovo il suo approccio al problema un tantino puritano, troppo serioso. Però, l’idea di usare l’arte per trasmettere messaggi apertamente socialisti è di certo ammirevole. Chi sono io per criticare un uomo che ha fatto arrabbiare politici di destra, già anni prima che io nascessi?».

Anche in Gran Bretagna il lavoro è un problema diffuso. Cerca di dare una risposta, con il suo lavoro? 
«Penso che un economista sarebbe più titolato di me ad affrontare il tema e a suggerire soluzioni. Da quando mi è dato vedere, tutti i paesi evoluti stanno combattendo con tale problema post-industriale: cosa farà tutta questa gente per tutto il giorno, tra qualche anno?».

Da molte parti si teme che l’intelligenza artificiale farà perdere il lavoro a tanti lavoratori. Anzi, questo sta già avvenendo.
«Il nostro spettacolo è basato proprio su questo, e credo che dimostri molto meglio di qualunque mia spiegazione cosa penso in merito. In sostanza, trovo che l’IA non costituisca per ora uno spauracchio per il lavoro dei paesi industrializzati. Piuttosto, apre nuove prospettive per quanto riguarda la nostra idea di umanità. Cosa significa, per la creatività umana e per il nostro modo di pensare, il fatto che le risposte che fornisce l’intelligenza artificiale possano apparire così persuasivamente umane? Abbiamo forse degradato l’esperienza umana tanto da non vedere i confini tra noi stessi e la coscienza dei robot? Personalmente non credo che sia terrificante, ma molto triste».

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