Piccola Odissea, grande storia: il teatro di Andrea Pennacchi va in scena all’Anfiteatro Romano di Urbisaglia

Piccola Odissea, grande storia: il teatro di Andrea Pennacchi va in scena all’Anfiteatro Romano di Urbisaglia
Piccola Odissea, grande storia: il teatro di Andrea Pennacchi va in scena all’Anfiteatro Romano di Urbisaglia
di Lucilla Niccolini
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Giovedì 20 Luglio 2023, 02:25 - Ultimo aggiornamento: 13:16
Quella di Ulisse è una delle storie più ricorrenti, e predilette dal pubblico, nella rassegna di Tau-Teatri Antichi Uniti, con cui l’Amat fa rivivere i miti classici nelle aree archeologiche marchigiane. Però “La piccola Odissea”, di e con Andrea Pennacchi è una versione diversa, originale, delle vicissitudini dell’eroe omerico. Va in scena domani sera alle 21.15 all’Anfiteatro di Urbisaglia, per essere poi riproposta il 2 agosto, al Chiostro Sant’Agostino di Ascoli Piceno.
Andrea Pennacchi, non è facile portare a teatro questo mito, in cui tanti si sono cimentati. Qual è la sua chiave di lettura?
«Non faccio altro che raccontare le vicende che, dopo la partenza dall’isola di Calipso, Ogigia, hanno condotto Ulisse di nuovo in patria. Una narrazione semplice, ma che ha richiesto lunghi anni di elaborazione, prima che riuscissi a trovare la forma giusta. Gran lettore quale sono, ho perlustrato tutte le traduzioni, da quella famosa del Pindemonte alle più recenti, e alla fine ho trovato la chiave d’accesso: lasciare che fosse uno dei compagni di Ulisse a raccontare. E non nella reggia dei Feaci, ma nella capanna del pastore Eumeo».
Perché nell’umile luogo del guardiano di porci?
«Da bambino, nato e cresciuto in città, a Padova, andavo spesso in campagna, dove la famiglia di mia madre aveva una casa colonica. Mio zio allevava animali, tra cui i maiali, ed Eumeo, con la sua semplice concretezza, con la sua lealtà contadina, gli assomiglia. La stalla è luogo per me famigliare, dove la sera si “faceva filò”: gli anziani, eredi degli antichissimi aedi, intrecciavano racconti. È questo l’humus in cui è cresciuta la mia voglia di storie».
Fino ad arrivare a una “piccola” Odissea.
«Piccola, perché meno “eroica”, com’erano quei racconti campagnoli dei nostri nonni, pronipoti di Omero. E perché è narrazione intima, psicologica, dove le gesta non sono atti di eroismo muscolare, ma reazioni naturali, umane, che permettono a tutti di identificarsi nei protagonisti».
Che lezione ne può trarre il pubblico?
«Omero, mi sembra, non fa mai la morale ai suoi ascoltatori. Ma la lezione è dentro il racconto: sta ai destinatari coglierla, tirar fuori dalla sua narrazione quello che aveva da dirci. Se mi passa la battuta, come per i mobili dell’Ikea, una volta casa, sei tu che ne fai quello che ti serve».
Con lei, in scena, tre musicisti.
«La musica dal vivo è parte integrante dello spettacolo. Alla chitarra acustica c’è il mio amico e sodale Giorgio Gobbo, l’autore delle musiche originali, che spesso sanno trasmettere quello che le parole non riescono a dire. Giorgio è affiancato da due giovani talentuosi: Gianluca Segato, che suona una speciale chitarra elettrica, che si tiene in grembo; e Annamaria Moro, al violoncello».
Oltre che con “Una piccola Odissea”, lei sta girando l’Italia anche con “Da qui alla Luna”, dedicato agli effetti nel Bellunese del tifone Vaia. Una scelta politica, come spesso sono le sue?
«I fatti di ieri in Cadore dimostrano che la natura ci sta lanciando messaggi che non possiamo continuare a ignorare. Niente panico, ma una riflessione mi sembra urgente».
 
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