La storia di una donna fragile, che si rivelerà più forte del previsto, è al centro dello spettacolo “Una giornata qualunque”, in scena alle 21,15 di martedì 2 aprile al teatro di Porto San Giorgio e venerdì 5 aprile al Persiani di Recanati, sempre alle 21,15. Lo spettacolo tornerà in scena domenica 7 aprile a Montelupone per la stagione di Eclissi Eventi.
La protagonista
La protagonista di “Una giornata qualunque” è Giulia, interpretata da Gaia De Laurentiis. Sul palco insieme a Gaia ci sono Lorenzo e Stefano Artissunch, quest’ultimo anche alla regia. La musica è della Banda Osiris, la produzione di Synergie Arte Teatro. Il testo è la nota commedia di Dario Fo e Franca Rame e De Laurentiis parla del suo personaggio come di «una donna che sul palco parte fragile, travolta dalla vita, come spesso accade, ma che grazie alle altre donne con cui si troverà a parlare capirà di essere più forte di quello che pensava». Divorziata dal marito, Giulia entra in depressione, vorrebbe farla finita, ma nel registrare un video messaggio per l’ex marito, inizia a ricevere telefonate da altre donne, che pensano sia una psichiatra che tiene una rubrica su una rivista. Una storia che dà speranza, ma anche, aggiunge De Laurentiis, «che butta uno sguardo ironico sulle elucubrazioni di ciascuna di noi, che farà capire anche come non si è sole al mondo, ma in compagnia e che se impariamo ad ascoltare altre voci, si capisce come tutto è relativo. Lo stile è quello della comicità di Fo e Rame, che non è mai volgare».
La depressione
Nello spettacolo si parla anche di depressione, un tema che De Laurentiis ha visto di recente in uno spettacolo, a Roma, con Concita De Gregorio e Lucia Mascino. «Di certo – commenta – quello spettacolo è diverso dal nostro, ma mi ha fatto pensare alla storia che portiamo in scena noi.
Il gruppo
Il gruppo era al centro del lavoro di Giorgio Strehler con cui De Laurentiis ha iniziato, da giovanissima, a fare l’attrice. «Lui – dice parlando di Strehler – dava valore al gruppo, anche ai singoli tecnici. Ricordo anche che lui, soprattutto ai più giovani, ci invitava a vivere. Diceva “vivete”, perché anche guardare solo al palcoscenico non portava a nulla. Anche questo è stato utile per comprendere la buona riuscita del gruppo, ma i suoi insegnamenti, di allora, quando ero giovanissima, li ho compresi appieno dopo. Il lato più bello di questo lavoro è aprirsi, fare gruppo e non richiudersi in se stessi, oltre a dare il massimo. Strehler ci diceva di dare 1000 e lui avrebbe tirato fuori il 500 da noi, ma se davamo 1, non poteva arrivare a 500».