Omicidio a Pesaro, la moglie di Marcello Bruzzese risponde da un luogo protetto: «Diceva di guardarci le spalle. Ho sentito gli spari, pensavo fossero petardi»

Omicidio di Natale a Pesaro: «Marcello diceva di guardarci le spalle. Ho sentito gli spari, pensavo fossero petardi»
Omicidio di Natale a Pesaro: «Marcello diceva di guardarci le spalle. Ho sentito gli spari, pensavo fossero petardi»
di Luigi Benelli
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Giovedì 12 Ottobre 2023, 03:05 - Ultimo aggiornamento: 13 Ottobre, 07:21

PESARO - Il contesto ‘ndranghetista, il marito ferito, il programma di protezione e gli spari. È quanto ha raccontato, in udienza, la vedova di Marcello Bruzzese, freddato da una scarica di proiettili il 25 dicembre 2018 in via Bovio, nel centro storico di Pesaro.

Un delitto che aveva scosso profondamente la città per la giornata e il contesto in cui era maturato, subito targato come il “delitto di Natale”. Ieri mattina la donna che ha deposto girata di spalle per proteggerne l’identità e in videocollegamento da un sito protetto ha detto che «ricordare quei momenti è come riviverli un’altra volta, come girare il coltello nella piaga. A me fa tanto male tutto questo».

Colpire il pentito

Davanti alla corte d’assise del tribunale di Pesaro si celebra il processo a carico di Rocco Versace, 57enne calabrese accusato dell’ omicidio in concorso di Marcello Bruzzese.

Un tragico messaggio che era diretto al fratello Biagio, pentito di ‘ndrangheta che con le sue dichiarazioni aveva fatto arrestare alcuni membri del clan Crea di Rizziconi. L’obiettivo della corte è ora di stabilire il ruolo dell’imputato. Per la procura è stato quello di pianificare l’omicidio. Per la difesa, rappresentata dagli avvocati Francesco Albanese e Pasquale Loiacono, Versace era in Calabria il giorno dell’omicidio e non viene collocato nel luogo del delitto.


La vedova di Marcello ha risposto a fatica, e a tratti con reticenza, alle domande del pubblico ministero. Inizialmente ha cercato di ricordare un fatto di sangue avvenuto a metà degli anni ‘90, nel corso del quale sono morti alcuni componenti della famiglia Bruzzese, e il marito era stato ferito con un’arma da fuoco. «Non appartengo a nessuna famiglia di ‘ndrangheta, né mi volevo interessare di queste vicende» ha risposto come premessa. Poi ha aggiunto di sapere «in parte delle vicende di mio cognato» (Girolamo Biagio ndr). Ha raccontato «di un litigio in un podere» in cui Marcello era rimasto ferito da un colpo d’arma da fuoco. Il cognato e il suocero erano morti e Marcello era riuscito a salvarsi. «Stavo per partorire - ha aggiunto - non ho chiesto i motivi del ferimento. Non siamo mai scesi nei particolari». Quanto alla famiglia Crea, la signora ha detto di «averne sentito parlare» quando era entrata nella famiglia Bruzzese. E su di loro ha detto: «Erano persone autorevoli nel paese».


Girolamo Bruzzese si era dissociato nel 2003, consegnandosi ai carabinieri dopo aver tentato di uccidere il boss Teodoro Crea. Un fatto conosciuto «tramite le cronache». Poi il programma di protezione dal 2003, giusto 20 anni fa. «Abbiamo cambiato cognome per un periodo, ma non ci sentivamo in pericolo». La famiglia di Marcello Bruzzese viveva a Pesaro dal 2008 e la donna ha poi proseguito nel racconto: «Mio marito ci metteva in guardia, diceva che ci sarebbero potute essere ripercussioni in famiglia. Dovevamo guardarci le spalle». Riguardo il pomeriggio del delitto, il giorno di Natale, la donna ha riferito che il marito uscì di casa per spostare l’auto: «Io e mia figlia abbiamo sentito gli spari, ma abbiamo pensato allo scoppio di petardi, visto il periodo». 

La chiamata del cognato

Poi la concitazione con la chiamata del cognato, Girolamo Biagio: «Mi disse di cercare Marcello urgentemente. Non riuscivo a rintracciarlo, così mi ha detto di scendere e di andare a vedere. Era tutto transennato da polizia e carabinieri. Nessuno mi diceva nulla, così ho cercato di forzare la porta del garage e ho capito». Versace è stato arrestato dai carabinieri del Ros di Ancona nell’ottobre del 2021 assieme a Francesco Candiloro e Michelangelo Tripodi, questi ultimi condannati entrambi all’ergastolo dal Tribunale di Ancona con il rito abbreviato, come esecutori materiali dell’omicidio.

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