Pesaro, omicidio Maliperio, Safri: «Non
ho ucciso Sabrina, non sono un mostro»

Pesaro, omicidio Maliperio, Safri: «Non ho ucciso Sabrina, non sono un mostro»
di Luigi Benelli
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Martedì 7 Maggio 2019, 05:10
PESARO - Ha raccontato la sua verità, parlando per oltre un’ora. «Mi hanno dipinto come il mostro di Pesaro, ma non sono stato io a uccidere Sabrina, non sono l’assassino. Vengo da una famiglia di sani principi». Con questo incipit è iniziato ieri nell’aula del Tribunale di Pesaro l’esame dell’imputato Zakaria Safri, il 38enne accusato dell’omicidio di Sabrina Malipiero, la donna uccisa a coltellate lo scorso 13 luglio in via Pantano a Pesaro. Safri ha ricostruito la giornata del 13 luglio.
  
«Sono arrivato da Sabrina prima alle 12, abbiamo tirato insieme della cocaina e alle 14 me ne sono andato. Sono tornato da lei verso le 15.30 circa. Ho visto il portone socchiuso. Lo lasciava spesso così, ma quello di sopra era spalancato. L’ho vista ancora in fin di vita. Aveva un coltello conficcato nella gola. L’ho estratto e l’ho gettato via. Ho provato a tamponare la ferita. È morta, sono entrato nel panico. Ho fatto una cazzata a non chiamare l’ambulanza e la polizia. Ma ero in panico. Ero uno spacciatore, non volevo farmi trovare lì così ho pensato di cancellare le mie tracce. Mi sono pulito. Ho tolto i jeans, non potevo pensare di uscire con lo scooter con cui sono arrivato così ho trovato le chiavi della sua auto e l’ho presa. Ho caricato un borsone dove ho messo i miei jeans sporchi. Dentro c’erano anche delle sue cose. Ho preso anche il suo cellulare perché stava suonando e nel panico l’ho raccolto. Io alle 15.27 (quando lei manda l’ultimo messaggio ndr) non ero lì. Sono arrivato dopo. Poi sono scappato. Ho detto agli inquirenti che strada ho fatto, avevo la coscienza pulita. Da spacciatore sapevo di tutte le telecamere della città, per cui non avevo paura di fare certe strade». Safri ha ricostruito il suo passato, ha ammesso di aver spacciato a più riprese. Ma ha aggiunto: «Ero io che rifornivo Sabrina di cocaina, fino a 60 grammi a settimana. Lei aveva un debito con me di 2500 euro. Così ho smesso di dargliela. Ma abbiamo continuato a vederci e a tirare insieme. Eravamo amici, non c’era motivo di farle del male. Lei aveva paura del suo compagno, non di me». Nelle altre udienze era emerso invece, secondo altre testimonianze, che era Safri ad avere un debito con Sabrina. Anche ieri nel corso dell’udienza grande attenzione è stata riservata all’impronta palmare sporca di sangue trovata sul muro dell’abitazione di Sabrina.
Le evidenze scientifiche
Era sporca di sangue e sopra aveva ulteriori gocce non schiacciate. Segno che sono finite sul muro dopo, quando la colluttazione era ancora in atto. E l’impronta è stata riscontrata essere quella di Safri. Altro elemento il Dna sotto le unghie di Sabrina, anche quello appartiene a Safri. L’anatomopatologo ha evidenziato che Sabrina è stata colpita da 9 coltellate. Quasi tutte nella zona del collo, con due coltelli diversi, uno a punta stondata che è stato abbandonato dal killer per usare quello a punta, forse perchè più efficace. Immagini fortissime, quelle mostrate in aula. Safri le ha guardate senza tradire emozioni, tra il pubblico sussurravano «poverina». Ultimo dato, Sabrina aveva assunto cocaina poco prima di morire tanto che non c’erano metaboliti nel corpo, segno che è stata uccisa immediatamente dopo l’assunzione. Il suo ultimo messaggio alle 15.27, dalle 16.12 non ha più risposto alle chiamate.
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