Pesaro, benzina "sporca", caporalato e truffa: sequestrati 4 distributori "No logo" e tre persone arrestate

I gestori accusati anche di caporalato e sfruttamento del lavoro

Benzina "sporca", caporalaggio e truffa: sequstrati 4 distributori "No logo" e tre persone arrestate
Benzina "sporca", caporalaggio e truffa: sequstrati 4 distributori ​"No logo" e tre persone arrestate
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Martedì 6 Febbraio 2024, 09:07 - Ultimo aggiornamento: 11:32

PESARO - L'indagine, della Guardia di Finanza di Pesaro e dei Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Pesaro Urbino, era partita da una verifica fiscale, ma è poi sfociata in una complessa operazione nei confronti di titolari e gestori di una rete nazionale di distributori stradali di carburante. Ed oltre ad episodi di lavoro nero e caporalato nei confronti dei dipendenti, ha squarciato il velo su pratiche scorrette nell'attività di distribuzione di carburanti, come la manomissione della corretta funzionalità degli impianti di erogazione o la mescola dei vari prodotti petroliferi. Con il risultato di una benzina "sporca" che poteva danneggiare anche irreversibilmente i motori. Sono scattate misure cautelari nei confronti di tre persone (due sottoposte alla custodia cautelare in carcere, una agli arresti domiciliari), ed il sequestro di quattro impianti stradali, tutti in territorio marchigiano, per un valore stimato di oltre 2 milioni di euro.

L'indagine

La complessa e articolata attività di indagine, convenzionalmente denominata operazione “Manda foto”, avviata nei primi mesi del 2023, scaturisce dalle risultanze di una verifica fiscale in materia di accise e delle altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi, eseguita dal Gruppo della Guardia di Finanza di Pesaro ad un distributore stradale rientrante nella categoria delle cosiddette “pompe bianche”, dette anche “no logo”, ossia distributori di carburante senza marchio, non appartenenti alle grandi compagnie petrolifere.

Già nel corso dell’attività di verifica fiscale i finanzieri avevano accertato criticità in ordine al rispetto della normativa giuslavoristica, individuando un lavoratore “in nero” e rilevando palesi condizioni di sfruttamento nei confronti di alcuni dipendenti. Le conseguenti indagini hanno permesso di risalire ai responsabili dei reati di caporalato, di estorsione, di truffa e degli illeciti penali in materia di immigrazione e di lavoro, principalmente individuati negli amministratori di un gruppo societario campano, operante nel settore della commercializzazione di carburanti e in un loro referente di zona, pesarese, con funzioni di “caporale”, attivo nel territorio umbro – marchigiano.

Nel corso delle attività investigative svolte dai finanzieri del Gruppo di Pesaro e dai Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Pesaro e Urbino è stato infatti assodato come alcuni dipendenti delle società petrolifere fossero indotti, anche sotto minaccia, a svolgere massacranti turni di lavoro. Agli stessi non era consentito di fruire di riposi, di pause, di giorni festivi, di permessi e ferie. I lavoratori, inoltre, ogni mese erano costretti a richiedere ai propri “datori di lavoro”, in modo finanche supplichevole, il pagamento dello stipendio, che veniva invece corrisposto a piacimento e ben al di sotto del salario minimo. Le attività tecniche hanno altresì consentito di documentare nel solo territorio marchigiano numerosi episodi di caporalato e di estorsione avvenuti nei confronti di alcuni lavoratori, tutti di nazionalità extracomunitaria, compiuti con azioni intimidatorie e vessatorie. Tra l’altro, i lavoratori erano obbligati ad attestare la loro presenza sul posto di lavoro attraverso foto e video, che quotidianamente o su richiesta, dovevano inoltrare ai loro datori di lavoro. Nella pratica, accadeva che il datore di lavoro, tramite messaggio Whatsapp con un testo scritto “manda foto” – e da qui il nome attribuito all’operazione – richiedeva al dipendente di turno l’invio di una foto o di un breve video a testimonianza della sua presenza sul posto di lavoro. L’inosservanza a tale adempimento si traduceva per il lavoratore, nella migliore delle ipotesi, nella minaccia di sospensione dello stipendio o di licenziamento immediato e nei casi più gravi, in minacce di morte e di compromissione della incolumità personale dei lavoratori.

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Impianti manomessi

In più occasioni sono state intercettate conversazioni dove gli indagati davano indicazioni al personale addetto alla manutenzione dei distributori stradali sulle procedure da seguire per manomettere la corretta funzionalità degli impianti di erogazione o su come procedere alla mescola dei vari prodotti petroliferi. Ad esempio, i filtri troppo sporchi e intasati, non dovevano essere sostituiti ma forati. Se il carburante immesso in alcune cisterne non era qualitativamente buono, bastava miscelarlo con altra tipologia di carburante o prodotto. Tutto ciò a testimonianza della volontarietà degli indagati nell’illecita immissione in commercio di prodotto “sporco”, non depurato da rimanenze e depositi, di scarsa qualità e capace di procurare danni irreversibili al motore e, conseguentemente, economici agli inconsapevoli utenti. Contestualmente ai sequestri e agli arresti sono state eseguite numerose perquisizioni nei luoghi di residenza o dimora degli indagati e presso il domicilio fiscale o sede legale delle società coinvolte. In particolare, le citate attività hanno interessato i comuni di Pesaro, Terre Roveresche (PU), Caserta, Marcianise (CE), Milano e Sperlonga (LT) e sono state eseguite anche con l’ausilio di personale dei Comandi Provinciali Carabinieri e Guardia di Finanza competenti per territorio.

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