L'ex governatore Luca Ceriscioli: «Ne avevano imbroccata una, sono riusciti a farla fuggire»

L'ex governatore Luca Ceriscioli: «Ne avevano imbroccata una, sono riusciti a farla fuggire»
L'ex governatore Luca Ceriscioli: «Ne avevano imbroccata una, sono riusciti a farla fuggire»
di Simonetta Marfoglia
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Sabato 13 Aprile 2024, 03:45 - Ultimo aggiornamento: 15 Aprile, 07:07

Luca Ceriscioli, lei ha tenuto le redini della sanità marchigiana per anni. Ma il “ciaone” di Nadia Storti alla Regione se l’aspettava?

«Francamente no, l’ho saputo nel tardo pomeriggio di giovedì e mi è dispiaciuto, perché conosco le qualità di Nadia. Una tosta. Sa che cosa ho pensato quando era stata nominata all’Ast?».

Cosa?

«Che finalmente il centrodestra ne aveva imbroccata una».

Anche Maria Capalbo ex dg di Marche Nord faceva parte del giro di nomine.

«E io di Maria ho una stima altrettanto enorme.

Con lei l’Inrca è incrementato del 48%. Conosco le sue capacità e so che con lei la Regione farà bella figura ogni giorno. È sempre stato un po’ il mio mantra: scegliamo le persone più capaci».

Frecciatina?

«Faccia lei. Ma con Nadia Storti abbiamo vissuto momenti durissimi, la prima fase della pandemia. Non ha mai perso la testa un secondo, una resistenza impressionante. Oggi mi chiedo: cosa può esserle successo di peggio del Covid? Cos’è che l’ha portata a lasciare anzitempo?».

Esasperazione?

«È una persona molto strutturata e pacata. Credo sia stata messa in certe condizioni».

Torniamo al dualismo tra gestione tecnica e politica.

«Siamo in clima di propaganda permanente, da 4 anni continuano a ripetere che tutto va bene e che andrà ancora meglio. Da una parte prevale, chiamiamolo così, il lato ideologico, dall’altra ci si scontra con la realtà».

E qual è la realtà?

«Che l’atto aziendale lo tengono nel freezer perché siamo sotto elezioni, i tagli sono evidenti, ti ritrovi con il budget ridotto ma devi garantire i servizi, poi ricorri ai gettonisti e potrei continuare. Credo che si sia sentita lasciata sola decidendo che non poteva più metterci la faccia perché certi professionisti hanno un loro orizzonte etico che non se la sentono di superare».

Però da destra continuano a tratteggiare la sua gestione di sanità regionale come la sentina di ogni nequizia.

«Eh ma con me non c’era mica gente che fuggiva. Noi abbiamo cercato di dare stabilità e per 5 anni l’abbiamo assicurata, ma adesso c’è un turnover di figure dirigenziali impressionanti. A volte mi sembra di leggere un tutorial, “Come devastare la sanità in tot mosse”. Volevano colpirmi e hanno voluto distruggere quello che è stato fatto».

Addirittura.

«Per farci perdere hanno attaccato sulla sanità e quando l’hanno avuta in mano hanno azzerato la strategia che si stava portando avanti».

Un esempio.

«L’ospedale unico di Pesaro. Quella è stata la distruzione più grossa. C’era un progetto bello e pronto, c’erano i fondi, tutto cancellato. Quello che non hanno capito è che avevamo una visione: un modello. Dopo Pesaro e Fano, Macerata e Civitanova, poi Ascoli e San Benedetto. Ma tutte le volte che provi ad affrontare una riforma ti ritrovi con chi ancora ragiona come 30 anni fa. Io capisco il sentiment politico di chi vuole l’ospedale sotto casa, peccato poi che quando c’è un’urgenza che lo tocca, cerchi il meglio e vada altrove. È questa la partita».

Una partita che va in campo da anni, con l’utente finale che si ritrova sempre alle prese con gli stessi problemi. Come le liste d’attesa.

«Dovevano abbatterle e invece siamo ancora qua a parlare degli stessi problemi, dato che non hanno fatto altro che nascondere la polvere sotto il tappeto. Sa invece a volte cosa mi fa sorridere?»

Dica.

«Quando penso alla sanità voluta dal centrodestra la vedo come una creatura mitologica, come quegli esseri policefali, tipo l’idra. In questo caso abbiamo una sanità con quattro teste: c’è Acquaroli, poi c’è Saltamartini, poi Salvi il tutor di Saltamartini. Infine c’è Baldelli. Si sono messi in quattro per portare avanti quello che facevo io. Messa così può anche essere una piccola soddisfazione personale».

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