La riflessione di Sguanci (tra i curatori dell’Archivio Loreno Sguanci): «Sull’identità della Pesaro di domani occorre lavorare a fianco dei cittadini»

La riflessione di Sguanci (tra i curatori dell’Archivio paterno)
La riflessione di Sguanci (tra i curatori dell’Archivio paterno)
di Elisabetta Marsigli
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Martedì 20 Febbraio 2024, 02:30 - Ultimo aggiornamento: 15:33

PESARO Da Luca Sguanci, tra i curatori insieme alla famiglia dell’Archivio Sguanci sull’opera del padre Loreno, qualche riflessione che lo stesso puntualizza come «doverosa» sulla Natura della Cultura, partendo "Dalle sculture nella città all'arte di comunità", ovvero l'evento, previsto fino a dicembre, che vede un'iniziativa sulla ricerca di Arnaldo Pomodoro a 52 anni dalla sua mostra del 1971 “Sculture nella Città”, e un processo di rigenerazione urbana con 12 residenze artistiche. La finalità è rivedere un’operazione culturale, giudicata la “Pietra miliare nel dibattito sull’arte nello spazio pubblico e tappa fondamentale per l’identità contemporanea di Pesaro" e realizzare “12 opere d’arte site-specific nei quartieri, ideate attraverso percorsi di co-progettazione con i cittadini”. Il rischio? Per Luca Sguanci «un'eccessiva riduzione della storia recente». 

«"Dalle sculture nella città all'arte di comunità" - argomenta - richiede un'attenzione alla concatenazione degli eventi storici per non semplificare troppo il dibattito sul ruolo di arte e artisti nella società a partire dagli anni ‘60. Mi spiego meglio: bellissima l’esposizione “Sculture nella città” del 1971; altrettanto coinvolgente quella omonima di Ceroli del 1972; impattante anche quella di Colla del 1973; e cosa dire dell’esperienza della collettiva a Fano “Sculture nella città” del 1974? Tutte queste mostre hanno lo stesso titolo perché rimandano ad un comune progenitore, che è la vera pietra miliare nel dibattito sull’arte nello spazio pubblico: mi riferisco a “Sculture nella città” curata dal critico Giovanni Carandente nel 1962 a Spoleto. Quindi a ben vedere le mostre dei primissimi anni ‘70 a Pesaro e dintorni non sono il punto di approdo di una riflessione sull’arte e sul suo ruolo nel contesto urbano, tanto che nel 1974 un altro critico, Enrico Crispolti curatore di Volterra ’73 e Gubbio ’74, scriveva di non confondere la traslazione di opere dalla galleria alla piazza, con un’avvenuta crescita culturale cittadina ed un incremento della partecipazione attiva».

La constatazione

«Questa constatazione - prosegue - originò con forza un nuovo impegno civico degli artisti che fece maturare, poi, il progetto pesarese del 1976 “La città come spazio operativo”. Una esperienza pilota a livello nazionale destinata a creare "dialogo e incontro” tra operatori, cittadini e attori territoriali. Quel felice momento portò alla collocazione di Porta a Mare di Loreno Sguanci, di Dentro all’Ovale di Marcello Guasti e a due potenti progetti mai realizzati di Giò Pomodoro e di Mauro Staccioli.

Ecco perché “Dalle sculture nella città all’arte di comunità” sembra essere un'operazione di riduzione. La storia della scultura contemporanea tradotta in un racconto, datato 1971, con il suo eroe solitario riduce, infatti, la città alla sola immagine di una delle sue opere, mentre oggi serve considerare la poliedrica bellezza di una città che cresce con il contributo di molti. Posso capire che "educare a vedere" un processo è assai più difficoltoso che presentare una personalità, ma è la comprensione di un processo o di un percorso che è utile garantisce, in questo caso, una maggiore scientificità della ricostruzione del nostro comune e recente passato».

La riflessione

Da qui l’inciso di Sguanci e la conseguente riflessione: «Se dovessi condensare un processo con un luogo, allora prenderei in considerazione il monumento alla Resistenza di Caruso perché è il trait d'union tra la posizione di Carandente e di Crispolti nonchè la tappa iniziale del nostro Parco Urbano di Scultura di Pesaro». E ancora: «Arnaldo Pomodoro è un autore che amo per la capacità di sintesi nella solidità formale. Nel 1971 trovò una città pressoché libera da monumenti e scelse un percorso espositivo en plein air e uno dei luoghi più significanti per donarci un suo segno artistico in poliestere. Quel luogo nel tempo regalò all'opera il senso della familiarità, inevitabile, vista l'ubicazione in uno snodo strategico. Ma, attenzione, l'uguaglianza Sfera Grande - Pesaro è, per questi motivi, un’esagerazione se consideriamo che nemmeno il Colosseo, opera unica nel suo genere, pur ricordandoci Roma, racchiude l'identità della Capitale. In conclusione: se l’anima di Spoleto negli anni ’70 ha fatto comprendere che si apriva un nuovo luogo meno elitario per l'espansione del mercato dell'arte e alle Amministrazioni comunali che si stava delineando una nuova stagione democratica; fu, invece, l’eredità dell’analisi critica e delle iniziative di Crispolti a segnare in modo forte l’identità cittadina e del nostro Parco Sculture».

In conclusione «il tema dell’identità - chiosa Sguanci - ci conduce ad una raccomandazione per i 12 gruppi di lavoro dell’Arte di Comunità: operate al fianco dei cittadini per dare rilievo alle loro riflessioni in fase di co-programmazione e per spiegare i motivi delle scelte degli artisti e dei progettisti del verde pubblico o dello spazio urbano che, invece, co-progetteranno. Senza scomodare i collettivi degli anni ‘90, basta riprendere le modalità di "La città come spazio operativo" del 1976».

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