«Uomini incappucciati mi hanno rapinata». I Ris a Fano smascherano la finta vittima (poi denunciata): il racconto era falso

Il palazzo di Giustizia di Pesaro
Il palazzo di Giustizia di Pesaro
di Luigi Benelli
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Mercoledì 14 Giugno 2023, 03:20 - Ultimo aggiornamento: 15:53

FANO Dice di essere stata rapinata, ma è lei a essere condannata. E’ la storia di una 38enne di origini napoletane finita sul banco degli imputati con l’accusa di furto e simulazione di reato. Un caso in cui era stato necessario l’intervento dei Ris di Roma per l’analisi sul Dna. La donna, nomade, una sera dell’ottobre 2018, dopo aver litigato con la suocera, avrebbe preferito dormire in auto in via della Marina. Ai carabinieri aveva raccontato di aver sentito dei rumori e di aver visto alcune persone incappucciate che stavano armeggiando in un’auto parcheggiata.

Lei avrebbe urlato contro i rapinatori, poi si sarebbe avvicinata a un’auto con un finestrino semi aperto per impedire un altro furto. Ma qui i malviventi le avrebbero incastrato il braccio chiudendo il finestrino e portato via il cellulare con cui lei voleva chiamare le forze dell’ordine.

I due banditi se ne sarebbero andati in tutta fretta e lei era finita al pronto soccorso per farsi medicare il braccio ferito (5 giorni di prognosi). Ma il racconto della donna non ha convinto i militari perché non aveva saputo fornire la marca del suo cellulare, dicendo che glielo aveva prestato la figlia e ci avrebbe messo la sua sim card.

Simulazione di reato

Visti i numerosi precedenti per furti e danneggiamenti, i carabinieri sono voluti andare fino in fondo. I rapinatori, a detta della donna, avrebbero alzato il finestrino per incastrarle il braccio. Il tutto senza avere le chiavi. Non solo, il veicolo aveva la batteria scarica come confermato dal proprietario del mezzo. Quindi quel vetro non si sarebbe potuto alzare. Qui sono entrati in scena anche i Ris di Roma che hanno provato che il sangue trovato nella macchina era suo, sul volante e sui comandi. Circostanza difficilmente spiegabile se non fosse stata all’interno del veicolo. Così la signora è finita a processo per simulazione di reato. La donna è difesa dall’avvocato Matteo Mattioli è stata condannata a 1 anno e 6 mesi e 500 euro di multa. 

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