FANO - Prima gli epiteti a sfondo sessuale, poi le botte. Finisce a processo con l’accusa di aver rapinato il rivale del suo cellulare. Ma l’avvocato è determinato a smontare il caso.
Ieri mattina udienza davanti al giudice per l’udienza preliminare per il processo con rito abbreviato che vede un marocchino di 23 anni accusato di rapina e lesioni nei confronti di un connazionale, coetaneo. I fatti risalgono al luglio 2020, consumati nella zona di via Rosciano a Fano. Secondo la ricostruzione i due si sarebbero accapigliati dandosi rispettivamente degli omosessuali. Invettive omofobe non gradite reciprocamente tanto da arrivare alle mani.
I referti dell'ospedale
E non solo perché l’imputato avrebbe tirato fuori un taglierino e ferito il rivale di striscio. Nella colluttazione gli avrebbe preso il cellulare, motivo per cui gli viene contestata la rapina.
Poi graffi e pugni finché un passante ha chiamato la polizia.
Le immagini di videosorveglianza
«Dalle immagini di videosorveglianza acquisite non viene riscontrata la sottrazione del cellulare, così come i testimoni non hanno notato questo fatto. Inoltre la persona offesa non ha comunicato subito questo aspetto alle forze dell’ordine, ma lo ha fatto solamente in un secondo momento. Non neghiamo l’alterco, ma contestiamo la rapina, reato grave. L’imputato ha una condotta specchiata e pulita». Per l’avvocato quindi non ci sarebbe la prova dell’accusa di rapina. «Abbiamo solo le parole della persona offesa, ma nessuna prova testimoniale o video che legittimi l’accusa» chiude Maione. Udienza rinviata a marzo per gli ultimi testi e la sentenza.