Emergenza rifiuti in provincia di Pesaro e Urbino: dopo 7 anni si voterà un piano già vecchio

Mercoledì la convocazione dei sindaci dell’Ata per l’approvazione definitiva. Con queste stime le due discariche sature nel 2027

Emergenza rifiuti in provincia di Pesaro e Urbino: dopo 7 anni si voterà un piano già vecchio
Emergenza rifiuti in provincia di Pesaro e Urbino: dopo 7 anni si voterà un piano già vecchio
di Lorenzo Furlani
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Lunedì 11 Dicembre 2023, 02:40 - Ultimo aggiornamento: 12 Dicembre, 14:23
PESARO Sei anni di ritardo per l’adozione e un iter lungo più di sette anni per arrivare all’approvazione definitiva di una pianificazione che si rivela sostanzialmente inconcludente, visto che bisogna ricominciare subito daccapo il lavoro appena terminato per evitare un’emergenza rifiuti in vista fra non più di tre anni.
È questa la sintesi del piano provinciale dei rifiuti che l’Assemblea territoriale d’ambito di Pesaro Urbino è chiamata ad approvare mercoledì dopo tre precedenti adozioni (settembre 2021, dicembre 2022 e luglio 2023 come presa d’atto). I sindaci della provincia sono convocati dopodomani alle 10 nella sala Serpieri del collegio Raffaello di Urbino per concludere un percorso avviato con il documento preliminare del piano d’ambito votato nel marzo nel 2017. Dopo l’inoltro alla Regione e la pubblicazione sul bollettino ufficiale regionale, il piano dei rifiuti acquisirà efficacia a norma di legge.  

La Regione, che all’inizio di dicembre ha assegnato all’Ata un termine perentorio di 10 giorni per concludere l’iter, ha già attestato nel settembre scorso «l’esito positivo della verifica di conformità del piano d’ambito» alla pianificazione regionale «subordinatamente alle modifiche non sostanziali da apportare alla proposta in stretta aderenza alle condizioni prescrittive».

Il recepimento di tali modifiche è il motivo della nuova convocazione dell’assemblea dei sindaci rispetto all’approvazione di luglio della versione del piano che era stata rivisitata in seguito all’esito negativo nel gennaio scorso della prima verifica di conformità della Regione. Si trattava di superare il «vizio essenziale e fondamentale» della mancata previsione nel piano degli smaltimenti dei rifiuti nelle discariche, ossia il vulnus del mancato rispetto per il conferimento dei rifiuti produttivi (particolarmente da parte di Marche Multiservizi) dei limiti del 50% dei rifiuti urbani abbancati (più i residui delle lavorazioni delle frazioni differenziate) e della provenienza regionale.


Gli scarti industriali da fuori regione


Infatti, nel 2017 Marche Multiservizi, su sua proposta, era stata autorizzata con un protocollo d’intesa a ricevere rifiuti industriali senza limiti di ambito per la chiusura accelerata delle discariche di Ca’ Lucio di Urbino (saturatasi nel settembre 2022) e di Ca’ Asprete di Tavullia (entro il 2027), sopperendo così per la politica di bilancio al minor gettito dei rifiuti urbani in seguito all’aumento della raccolta differenziata.

Tale decisione sin dal 2017 era stata censurata dalla Regione; recentemente, l’assessore regionale all’ambiente Aguzzi ha più volte stigmatizzato la scelta di ricevere rifiuti industriali da fuori regione (Emilia Romagna, Lombardia e Toscana in particolare) per fare cassa, mentre le imprese del Pesarese lamentano di dover portare altrove e talvolta all’estero i propri rifiuti, senza usare con parsimonia i volumi destinati ai rifiuti urbani. Contro la Regione, l’Ata nel marzo scorso aveva deliberato di ricorrere al Tar, poi è subentrata la mediazione politica che ha portato a una soluzione di compromesso: nel piano gli smaltimenti dei rifiuti industriali rientrano nel limite del 50% ma le quote in eccedenza previste da Mms nel suo piano industriale sono state sostituite con rifiuti urbani provenienti dalla provincia di Macerata, in emergenza per la carenza di impianti.


Continua lo sfruttamento intensivo


L’effetto paradossale è che nel piano si sottolinea la copertura del fabbisogno per la durata della pianificazione, ovvero la fine del 2026, ma subito dopo si entrerà in emergenza perché secondo le stime la discarica di Monteschiantello (gestita da Aset) si esaurirà a gennaio 2027 e quella di Ca’ Asprete a giugno 2027 (come programmato 10 anni prima). Il piano non prevede alcuna soluzione al riguardo, dopo l’accoglimento dell’emendamento di San Costanzo contro la prospettiva di un ampliamento di Monteschiantello.


Perciò la proposta di delibera evidenzia «che con l’approvazione definitiva del piano sarà necessario riaprire immediatamente la discussione sulle scelte impiantistiche del nostro ambito per evitare l’insorgenza di situazioni critiche ed emergenziali». A questo proposito la Provincia in una nota «rileva che per l’individuazione di nuove discariche dovrà essere adottato un nuovo piano e sottoposto a nuova procedura di valutazione ambientale strategica in quanto il parere motivato espresso da questo servizio (con un iter lungo 14 mesi, ndr) è stato rilasciato su una previsione che non contemplava nuovi siti rispetto a quelli già esistenti».


Sullo sfondo Riceci e l’inceneritore


Sullo sfondo restano il progetto della maxi discarica di Riceci (riservata alla libera iniziativa privata), che secondo Aguzzi è il modo con cui Mms intende proseguire nel business dei rifiuti industriali, le opposizioni territoriali agli ampliamenti di Ca’ Asprete e Monteschiantello e lo scenario regionale dell’inceneritore.
 

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