Pesaro, il grido d'allarme degli stagionali: «In queste condizioni difficile riaprire #cosiprovatecivoi»

Pesaro, il grido d'allarme degli stagionali: «In queste condizioni difficile riaprire #cosiprovatecivoi»
Pesaro, il grido d'allarme degli stagionali: «In queste condizioni difficile riaprire #cosiprovatecivoi»
di Elisabetta Marsigli
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Giovedì 7 Maggio 2020, 09:17

PESARO - È divenuta ieri fatto concreto la protesta di oltre una cinquantina di pubblici esercizi pesaresi che chiedono aiuto all’amministrazione comunale in vista di una difficoltosa apertura del 1 giugno. Sia i locali del lungomare che quelli del centro storico, sono preoccupati per le bozze di decreto, che stanno girando tra le varie associazioni, con regole nebulose e lati oscuri che sono di difficile interpretazione. Diversi striscioni, di varie dimensioni, con l’hashtag #cosiprovatecivoi sono stati appesi, a partire dalle ore 18 di ieri, accanto alle insegne dei locali proprio per attirare l’attenzione su una realtà che sembra essere territorio oscuro anche per il governo. 

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Pesaro è località di mare, ma non è stata ancora ben definita la differenza tra spazi all’aperto e al chiuso (che implica spesso anche la differenza tra locali stagionali e annuali), così come altre norme, senza considerare l’investimento sul personale, (che dovrebbe seguire solo un determinato numero di tavoli), così come piatti, posate e bicchieri monouso, mascherine e guanti, e la costante sanificazione dei locali che comporta ulteriori spese.
 
È forse la prima volta che il grido è “unanime”: tutti gli operatori si sono mossi mettendo da parte una grossa fetta di interessi personali, per andare verso il bene di tutti i locali e della nostra città. «Noi vorremo essere messi nelle condizioni di lavorare, - racconta Marco Paolini in veste di portavoce del gruppo del comparto della piccola e media ristorazione - ma a tutt’oggi il pensiero è spalmato sul 50% delle possibilità: con queste “ipotetiche” condizioni non possiamo aprire. Sono a rischio molte attività: persone con mutui accesi, affitti onerosi, su cui stanno pesando anche i precedenti 3 mesi di inattività. Lavorare con quelle norme e il rischio di pandemia non ancora sceso è praticamente impossibile. La parola “assembramento” non ci piace: vogliamo pensare i nostri locali come luoghi di aggregazione e socializzazione, cosa impossibile in questo momento. E c’è da considerare che siamo i primi responsabili della salute dei clienti e dei dipendenti». 
Solo teoria
Il decreto parte dal governo, che fino ad oggi non ha dimostrato di prendere in considerazione varie ed eventuali situazioni, basandosi su codici di attività che possono essere unificati sulla carta, ma non nei fatti. Per questo, la “protesta pacifica” di questo settore è rivolta principalmente all’amministrazione comunale, per rivedere alcune norme e tasse: «L’idea è quella di chiedere l’annullamento della Tosap e la rimodulazione della Tari, - prosegue Paolini - ma deve essere un punto di partenza e non di arrivo: l’inizio di un percorso di confronto e non di scontro, un’apertura di dialogo per rimodulare le imposte secondo le esigenze dei locali e dell’amministrazione. Se un’attività decide di non aprire non può assumersi anche questi oneri, ma anche nel caso di un’apertura non possiamo garantirne il pagamento pieno lo stesso, causa la riduzione sicura di 2/3 degli incassi. In quest’ultimo caso quindi, la valutazione dovrebbe essere, almeno, in proporzione alla riduzione degli incassi». 

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