Tartufo, corsa all'oro degli chef

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Domenica 25 Settembre 2016, 05:00
LA STAGIONEPESARO Il cane perfetto, l'incertezza legislativa, le previsioni sulla stagione, il borsino dei prezzi, le vicende giudiziarie. Inizia oggi la stagione del tartufo, quello bianco, il più pregiato, profumato e ricercato. Da stamattina tutti nei boschi a cercarlo coi ristoratori in attesa di avere la loro pepita capace di trasformare in oro i loro piatti e le loro tasche. Si preannuncia una stagione record, con prezzi sui 2000 euro al chilogrammo, in calo rispetto all'anno scorso per la grande quantità che ci si aspetta di trovare.
L'importanza del cane addestrato
Tutto inizia dal fiuto del cane, quello perfetto, che può arrivare a costare anche 10 mila euro. Perchè come spiega l'allevatore e addestratore di Acqualagna Giorgio Remedia «nelle nostre zone non ci si accontenta. I tartufai puntano agli incroci migliori per poter avere un cane infallibile. La razza tradizionale è il Lagotto, ma per molti non basta. Si cercano razze più spinte per risultati più gratificanti. Quindi si arriva all'incrocio tra il bracco e il pointer sperando che possa avere l'andatura del primo e l'olfatto del secondo in grado di mappare il territorio. Per i boschi più spinosi serve un pelo più forte, il Drahthaar, magari incrociato».
I costi? «Un cucciolone addestrato può costare sui 1500 euro, per arrivare fino ai 3000 euro. Ma poi ci sono i fuoriclasse, come nel calcio. Quelli partono dai 5 mila e arrivano a 10000 euro».
E sono oggetto di dispetti, dai furti agli avvelenamenti. «Per fortuna da noi no, si è trovato un equilibrio rispetto ad anni fa. Ma dalla vicina Umbria le storie di bocconi avvelenati non mancano. E mi capita di vendere in piena stagione proprio cani che vanno a sostituire quelli morti in seguito a dispetti tra tartufai».
Le nuove normative
Il secondo anello della catena è il tartufaio, da sempre nell'ombra perchè la legge lo lasciava fuori da ogni tracciatura. In poche settimane può guadagnare decine di migliaia di euro. Sono gli stessi commercianti che emettevano un'autofattura per poter iniziare la vendita. Ma da gennaio entrerà in vigore la nuova normativa. Il direttore della Confcommercio provinciale Amerigo Varotti, che per anni è stato anche presidente nazionale di Tuber-Ass, l'associazione dedicata al pianeta tartufo, ne spiega le storture.
«Da gennaio la legge impone la tracciabilità del tartufo, dunque il cavatore da soggetto anonimo dovrà dire dove l'ha trovato e al momento dell'acquisto il commerciante dovrà pagare la ritenuta del 23 per cento. O si racconteranno tante balle o sarà difficile da attuare. Nessuno vorrà svelare i propri segreti, il tartufaio è sempre stato un soggetto neutrale per il fisco, geloso luogo del ritrovamento. Si poteva evitare riconoscendo il tartufo come prodotto agricolo. E invece inizieremo la stagione con l'Iva al 22 per cento, cosa che ci penalizza nei confronti degli altri paesi dove è al 4 per cento. Da gennaio passeremo al 10 per cento, ma il tartufo sarà sempre bene di lusso non agricolo. Questo poteva agevolare le transazioni e tutelare il nostro tartufo. Avrebbe anche consentivo che la filiera del tartufo potesse essere inserita nella programmazione comunitaria legata la mondo agricolo, invece rimarrà fuori dagli incentivi, una beffa politica».
Il lusso in tavola
La questione dell'Iva ha fatalmente generato anche dei furbetti. Una problematica che era stata anche al centro di un'inchiesta della Guardia di Finanza di Pesaro che lo scorso anno ha denunciato quattro imprenditori e ha sequestrato 1,8 milioni di euro. Erano emesse fatture false da 10 milioni di euro proprio per evadere l'Iva. Un sistema con la complicità di altre società cartiere.