Da quel momento Battisti è diventato 'un sorvegliato specialè per poi, dopo la sua fuga, finire al centro degli accertamenti della procura generale di Milano e della Polizia con cui sono state messe sotto controllo una serie di persone a lui vicine: un monitoraggio che si è rivelato fondamentale per chiudergli la rete attorno. Grazie a sofisticati software di localizzazione, a un lavoro d'intelligence sul campo e alla costante collaborazione con le autorità boliviane, gli uomini dell'Antiterrorismo, della Criminalpol, dell'Interpol e della Digos di Milano, con il contributo degli 007 dell'Aise, sono riusciti a mettere le manette ai polsi a Battisti.
Lo spartiacque è appunto, il 16 ottobre, con l'annuncio di Bolsonaro, ma il 'monitoraggiò delle utenze vicine a Battisti, in realtà viene intensificato, quando il nuovo uomo forte del Brasile diventa presidente e conferma la sua volontà. Da quel momento gli investigatori italiani tengono sotto controllo una quindicina tra pc, tablet e telefoni: ci sono i familiari stretti di Battisti, amici brasiliani e persone del suo entourage, compresi alcuni italiani. Con loro, pur tra mille precauzioni, l'ex Pac entra in contatto: nessuna conversazione ma solo con messaggi o attraverso i social. «C'è stata una rete di protezione che lo ha aiutato e sulla quale stiamo facendo accertamenti - ammette il direttore dell'Antiterrorismo Lamberto Giannini - Essere latitanti implica una serie di spostamenti e contatti, il monitoraggio e la nostra presenza sul territorio ci ha consentito di rintracciarlo e di stargli addosso».
Proprio quei contatti si sono rivelati fondamentali per gli investigatori quando la fuga di Battisti a metà dicembre è diventata ufficiale con l'ordine di arresto firmato giudice del Supremo tribunale federale Luis Fux . In realtà l'ex terrorista del Pac era già scappato «tra la metà e la fine di novembre», ha spiegato una fonte che ha seguito tutte le indagini. Date qualche modo confermate prima di Natale dall'avvocato Igor Tamasauskas: lo aveva sentito l'ultima volta «verso la fine di novembre o forse i primi di dicembre». Fatto sta che Battisti ha lasciato Cananeia, l'isola sulla costa di San Paolo, la sua ultima residenza, indisturbato: «forse la polizia locale era convinta che avesse aspettato l'estradizione a casa e non ha controllato» è stato sottolineato.
Così a 'ritrovarlò sono stati gli investigatori dall'Italia, proprio grazie al sistema di localizzazione e al monitoraggio delle utenze a lui vicine e a intercettazioni nel frattempo disposte dal sostituto pg Antonio Lamanna e dall'Avvocato Generale Nunzia Gatto. Da qui vengono registrati tutti i suoi movimenti: Battisti passa il confine tra Brasile e Bolivia probabilmente a Corumbà, città di confine nel Mato Grosso do Sul dove era già stato fermato due anni fa. Ma quel che più conta è che a prenderlo arriva una macchina direttamente dalla Bolivia, segno che la 'retè è estesa anche in quel paese. Vengono così coinvolte le autorità boliviane alle quali quelle italiane girano le utenze telefoniche e le indicazioni necessarie per non perderlo mai di vista.
Da qui vengono organizzati pedinamenti per tenerlo costantemente sotto controllo.
Con il passare dei giorni Battisti riduce i contatti e il cerchio si stringe a tre utenze, quelle chiave che consentiranno di individuare con certezza il fuggiasco. Tre giorni fa viene individuato nei pressi dell'aeroporto di La Paz, la capitale boliviana. Poi l'ultima indicazione: Santa Cruz de La Sierra, cittadina nel cuore della Bolivia. Ed è lì che Battisti viene visto camminare tranquillo in jeans e maglietta, occhiali da sole e pizzetto. Una volta bloccato l'ex terrorista prima fa finta di non capire, poi parla portoghese dicendo di non avere i documenti. Portato in caserma, davanti ai poliziotti italiani, capisce che è finita: non gli rimane che tirare fuori dalla tasca il documento brasiliano. Sopra il suo nome stampato.