Cala il sipario sulla ex Antonio Merloni: fine della cassa integrazione alla Indelfab, licenziamento collettivo per 479 dipendenti

Cala il sipario sulla ex Antonio Merloni: fine della cassa integrazione alla Indelfab, licenziamento collettivo per 479 dipendenti
Cala il sipario sulla ex Antonio Merloni: fine della cassa integrazione alla Indelfab, licenziamento collettivo per 479 dipendenti
di Aminto Camilli
4 Minuti di Lettura
Domenica 15 Maggio 2022, 03:30

FABRIANO - Fine della cassa integrazione per i 479 dipendenti di Indelfab, scatta il licenziamento collettivo. E con esso possiamo dire che si conclude definitivamente pure la storia della Antonio Merloni spa, il gruppo industriale fabrianese che per diversi decenni ha rappresentato una realtà imprenditoriale di straordinaria rilevanza non soltanto in ambito regionale e nazionale, ma anche a livello europeo.

La crisi del 2008 aveva colpito duramente la Ardo (l’asset del bianco della Antonio Merloni), tanto che alla fine del 2011 l’azienda era stata acquisita dal titolare della Jp Industries Giovanni Porcarelli. 

Le controversie

Ma il progetto industriale che avrebbe dovuto portare 700 posti di lavoro tra Marche e Umbria non è mai decollato, a causa di controversie legali con gli istituti di credito, proprio legate all’acquisto della Ardo, prolungatesi per oltre cinque anni.

Mancati investimenti e indebitamento insostenibile hanno poi portato al passaggio a Indelfab, fallita il 15 novembre 2019. La cassa integrazione ha sostenuto i lavoratori fino a oggi, ma domani per i 479 dipendenti (metà dello stabilimento fabrianese di Santa Maria, l’altra metà dell’impianto umbro di Gaifana) scatta il licenziamento.

I turni

Il periodo d’oro della Antonio Merloni sembra davvero appartenere a un’altra era. Negli anni ’90 e anche oltre, fino ai primi anni del nuovo secolo, l’azienda fabrianese è stata perfino la prima produttrice di elettrodomestici conto terzi d’Europa, arrivando a realizzare, nelle fasi di picco produttivo, 10.000 pezzi al giorno, dovendo necessariamente ricorrere a un turno di lavoro aggiuntivo, dalle 16.30 a mezzanotte e mezzo. «Si era come in una grande famiglia – spiega con un velo di tristezza Sabino Iacoboni, che entrò a lavorare alla Ardo più di vent’anni fa – poiché la Antonio Merloni era un’azienda che dava conforto sotto molti aspetti: con essa alle spalle avevamo delle garanzie e benefit, dalle banche si potevano ottenere mutui. Inoltre, tanto per fare alcuni esempi, ai lavoratori venivano riconosciuti un consistente premio malattia, la colonia estiva per i loro figli, senza dimenticare che chi si sposava riceveva un premio in busta paga. Possono sembrare piccole cose, ma a ben vedere non lo sono affatto». 
È chiaro che stiamo parlando di un periodo straordinario, quando tra i due impianti fabrianesi di Santa Maria e del Maragone, gli uffici centrali e lo stabilimento di Gaifana la Antonio Merloni contava ben oltre 1.500 dipendenti, una cifra che cresceva enormemente se si considerava l’indotto. Quel che sconforta è che poco meno di 14 anni (nel 2008 arriva l’amministrazione straordinaria con la legge Marzano) non sono stati sufficienti per recuperare un patrimonio industriale di grande importanza. «Oggi, restano rabbia e amarezza – osserva Giampiero Santoni, segretario regionale Fim-Cisl – perché, nonostante tutti gli interventi delle istituzioni ai vari livelli, non si è riusciti a rilanciare un comprensorio pieno di competenze, professionalità e cultura del lavoro». Neanche l’intervento dell’Anpal Servizi e il piano di politiche attive della Regione sono stati in grado di ricollocare tutta la forza-lavoro. «Ora, c’è un vuoto – sottolinea Santoni – che si aggiunge alle ombre di crisi che si scrutano all’orizzonte in altre aziende fabrianesi dell’elettrodomestico. Questi licenziamenti sono una sconfitta sociale per e del territorio, delle istituzioni e della politica, che non hanno più la capacità di progettare uno sviluppo e una competitività in grado di creare occupazione e generare ricollocamenti». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA