Il programma
Il programma prevede il saluto del sindaco di San Severino Marche Rosa Piermattei, la deposizione di una corona d'alloro, gli interventi di Fabrizio Grandinetti consigliere nazionale Anac (associazione nazionale arma di cavalleria) e di Mauro Radici, vicepresidente provinciale Ancr (Associazione nazionale combattenti e reduci). L'uccisione dei due settempedani avvenne il 25 marzo 1944, all'indomani dell'eccidio nazifascista di Valdiola, località tra Gagliole, San Severino e Matelica. A proposito della cerimonia organizzata per il 25 marzo prossimo dal Comune di San Severino e dall’Associazione nazionale combattenti e reduci-Federazione provinciale di Macerata la famiglia Fulvi precisa quanto segue: «Nel manifesto in cui si annuncia la celebrazione si fa riferimento alle famiglie delle vittime che dovrebbero radunarsi per partecipare all’evento: resta il fatto che nessun componente della nostra famiglia è stato mai interpellato prima di organizzare l’iniziativa, appresa peraltro da uno di noi, per caso, attraverso i social network e sui siti web, dove è stato pubblicato il manifesto - spiega Fulvio Fulvi, pronipote di Camillo -.
«No strumentalizzazioni»
La famiglia Fulvi chiede che la vicenda storica dell'uccisione di Sfrappini e Fulvi non venga strumentalizzata: «Ci domandiamo inoltre perché sono state escluse dall’organizzazione dell’evento altre realtà associative implicate nella tragica vicenda di guerra civile che si vuole ricordare ma nella quale sono coinvolte parti diverse e con diverse responsabilità, anche umane. Siamo infine preoccupati per le possibili strumentalizzazioni politiche o ideologiche di un avvenimento che ha ferito nell’intimo la nostra famiglia, come tante altre di San Severino. Da nostro nonno Silvio, fratello di Camillo, fino all’attuale generazione abbiamo sempre vissuto questa morte con la necessaria riservatezza. Abbiamo portato, e portiamo, fiori e preghiere sul luogo dove fu massacrato zio Camillo: non vogliamo clamori né esaltazioni. È questa, crediamo, una forma di rispetto per i nostri morti ma anche per quelli degli altri. E ci auguriamo che le vittime di quell’orrore, Camillo e Alberto, non diventino strumenti di propaganda, di qualsiasi genere, come purtroppo – in questi tempi di forti tensioni sociali – è accaduto altrove nel nostro Paese».