FERMO - La scarpa fermana punta sulle fiere italiane e spera negli aiuti promessi. Il secondo semestre 2022 veniva descritto come quello della definitiva ripresa ma l’incertezza determinata dalla nuova ondata pandemica fa paura: manifestazioni cancellate e negozi chiusi in alcuni mercati chiave. Mentre Stati Uniti, Cina e online che trainano i consumi della moda sono praticamente inaccessibili per le imprese fermane.
«Affidarsi alla produzione per le griffe? Non può essere una soluzione valida per tutti» afferma Valentino Fenni, vice presidente di Assocalzaturifici, che traccia un bilancio del 2021.
La crescita
«La calzatura marchigiana è cresciuta meno rispetto ad altri settori economici. Le difficoltà che c’erano nel 2019 sono state acuite dal Covid. Dobbiamo essere realistici e dire che il settore resta in difficoltà e purtroppo non riesce ad esprimersi come vorrebbe a causa del contesto generale». Negozi chiusi e fiere annullate all’estero e impossibilità di viaggiare liberamente ostacolano le vendite. Cosa accadrà nelle prossime settimane? Alcune aziende locali stanno lavorando per ultimare il campionario in vista del Pitti (11-13 gennaio 2022) ma con quali aspettative? «Ora come ora le nostre prospettive per il 2022 si chiamano Micam (20-22 febbraio 2022). La fiera rappresenta la cartina tornasole della situazione di mercato» commenta lo stesso imprenditore di Grottammare.
Gli aiuti
«Il 2021 è stato l’anno delle promesse. Tra quelle della Regione, il Pnrr fino alla decontribuzione 30% sul costo del lavoro estesa anche alla nostra area di crisi complessa. Speriamo che nel 2022 le promesse si concretizzino» afferma Fenni che ribadisce come tali provvedimenti dovrebbero essere validi per tutto il settore in ogni regione d’Italia e non in base alla geografia «generando una malsana competizione tra colleghi di diverse aree. La pandemia ci avrebbe dovuto unire mentre il provvedimento dello sconto Sud ci divide». Rispetto a chi ha un brand proprio, stanno viaggiando meglio le imprese che producono scarpe conto terzi, in particolare per i top brand del lusso. «Ma non è una soluzione applicabile a tutte le imprese del distretto» osserva Fenni.