Lo sballo nella società complessa e le patologie della modernità

Lo sballo nella società complessa e le patologie della modernità

di Rossano Buccioni
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Martedì 25 Agosto 2020, 03:35
Dall’inizio dell’estate si registra un allarme movida, con risse, danneggiamenti ed abuso di alcol, nel trionfo di quella che in molti definiscono “cultura dello sballo”. Il mancato rispetto dei protocolli sanitari ed il conseguente incremento dei contagi, hanno determinato una nuova chiusura delle discoteche, con il pericolo di feste abusive nella imprevedibile geografia delle tribù dell’eccesso. Tradizionalmente il disagio giovanile implicava una critica dell’orizzonte valoriale da interiorizzare, mentre lo sballo contemporaneo sembra non voler introdurre nessuna emendazione delle dimensioni di senso che strutturano i processi di socializzazione, proponendone semplicemente l’abolizione. Allora in che senso e rispetto a cosa i giovani, sballandosi, mostrano disagio? Secondo un modello sociologico consolidato, i valori propri di una cultura vengono trasmessi alla personalità individuale a misura dello sviluppo progressivo della sua appartenenza sociale. Tuttavia, questo modello è valido solo presupponendo un sistema di fini ultimi (Telic System) capace di associare al processo di socializzazione un flusso di normatività utile ad istruire la personalità individuale nel corso del suo graduale inserimento nelle strutture sociali. Stando a questa visione tradizionale, il disagio giovanile poteva essere ricondotto a distorsioni nel processo di socializzazione dell’individuo, ma ormai è di tutta evidenza come nell’ambito di condotte sociali apparentemente normali, non sia possibile escludere la presenza di un disagio individuale latente destinato a manifestarsi in modo fin troppo evidente. Le forme che il disagio assume nelle società attuali sembrano sfuggire alle tradizionali categorie d’analisi e, da un punto di vista sociologico, rimandano ad una inedita problematizzazione del rapporto individuo-società. Il diffondersi di sindromi borderline, neo-dipendenze, forme di devianza ed abusi parossistici, sembra essere una peculiarità delle società attuali essendo sempre meno spiegabile nei termini di un disagio sociale. Si tratta di esperienze sempre più riconducibili all’interno di una sofferenza specifica dell’individuo giovane. In questo senso si può parlare di “patologie della modernità”, presupponendo una relazione, seppur non lineare, tra la specificità delle società complesse e le manifestazioni del disagio che rende assai problematico uno sviluppo a tappe della personalità (gradi di socializzazione), garantendo la corrispondenza tra tempi interni (della personalità) e tempi sociali. Proprio nello sballo osserviamo la tragica messa in discussione della continuità mente/corpo dentro una sospensione del rapporto individuo/società che consente di allentare gli imperativi delle rappresentazioni, dato che molti giovani bevono per perdere il controllo, avendo come unico obiettivo l’azzeramento del senso di sé. L’effetto-sospensione ricercato consente all’individuo di regredire alla determinatezza biologica del corpo; in alcune indagini sul campo, i ragazzi intervistati hanno affermato che “… le serate più belle sono quelle in cui non ci si ricorda più di niente (…)”. Nel mondo della vita il corpo è il luogo che esprime la nostra umanità in modo completo ed immediato, mentre chi si sballa lo utilizza staccando la spina identitaria per rifugiarsi nella pura sensazione. Rovesciando ciò che la scienza biologica trattava come “vis roboris” e riducendo il corpo a sistema di organi ed apparati, chi si sballa propone una fuga dai vincoli identitari inconsapevolmente sottoscritti che sarà comunque destinata a gravare sul corpo, storicamente ridotto dalla cultura a substrato e regolato dalla cultura dello sballo a cumulo di sensazioni. Nello sballo, quel corpo cui si chiede di sopportare l’abolizione delle pressioni identitarie imponendogli di accelerare il ritmo biologico per azzerare il tempo storico, sarà comunque un corpo che la “cultura” sociale ha già scisso in competenze e sintomi. Certo, il sabotaggio dell’ “immunità dell’io” , l’attacco procurato al proprio sistema identitario, immediatamente sembra placare l’angoscia, portando la coscienza sul binario morto della regressione e rendendo quasi impossibile la continuità del pensiero. Le interminabili crisi di riso - da più parti segnalate come acme dello sballo - segnalano questo vertiginoso allontanamento da sé, come in un specie di irresistibile solletico del senso. La sociologa Monique Dagnaud scrive che “… il girovagare notturno non è più incentrato sul rimorchiare, mirato alla ricerca di un partner, bensì sulla baldoria condivisa tra amici, inseguendo sensazioni fuori misura (ebbrezza, delirio, velocita folle sulle strade)”. Solo la sessualità sfrenata permane nel recinto dell’eccesso, perché l’azzeramento identitario derivante dallo sballo (quello stato che l’antropologo David Le Breton definisce “biancore”), impedisce il respiro di ogni sentimento, tantomeno di quello amoroso. L’amore è spesso rifiutato dai giovani proprio nella sua natura di vincolo ad un passato emozionale normativo. Abolirlo nel suo totale rovesciamento in eccesso, significa rifiutare il luogo psichico di ogni ordine identitario dato che – come ben argomentato dalla psicoanalista Nicoletta Gosio – “… ci si innamora di una persona e non di un’altra, ed esiste il “proprio tipo”, perché è proprio quella che riesce ad evocare una dimensione personale che meglio risponde alla riedizione di antichi copioni ed alla proiezione di aspetti ripudiati o irrealizzati di sé”. Nello sballo si azzera l’identità sociale attraverso l’abolizione del sentimento che riconduce alla propria storia necessitata, un inquietante sciopero della fabbrica identitaria, sempre più ricercato anche da ragazzi e ragazze perfettamente “integrati”.

*Sociologo della devianza e del mutamento sociale
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