Turismo, basta chiacchiere: a Pesaro serve un progetto

Turismo, basta chiacchiere: a Pesaro serve un progetto

di Simonetta Marfoglia
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Sabato 15 Luglio 2023, 06:00

Turisti fantastici e come attirarli. Ebbene sì, basta superare la boa del solstizio che il dibattito estivo si avviluppa di default sul modello d’ospitalità e il target a cui le località a sud del 44° parallelo (Riccione) debbano ispirarsi. È un po’ come immergersi nel brodo primordiale del comparto vacanze, con annessi e connessi, per chiedersi se prima venga l’offerta o la domanda. A Pesaro e dintorni succede da anni, con la pervicacia ritualità di un tè inglese, almeno da quando si è capito che il settore manifatturiero, la vera gallina dalle uova d’oro degli anni del boom e del post boom (leggasi il mobile e i suoi satelliti), stava arrancando e che il turismo, fino a quel momento considerato più o meno alla stregua di una questione di famiglia e con scarse ambizioni e prospettive imprenditoriali, era un territorio vergine la cui conquista avrebbe potuto togliere qualche soddisfazione.

Peccato che nel frattempo qualcuno avesse già avuto la stessa intuizione su larga scala così che Pesaro si è ritrovata stretta nel bel mezzo di una manovra a tenaglia: a nord il divertimentificio romagnolo (e la cartolinesca Gabicce) a sud la nostalgica rotonda di Senigallia (e tralasciamo le palme esotiche di San Benedetto). Persino Fano, sopportata da sempre come la cugina Betta balzachiana, aveva sorpassato in curva e salutava alla maniera di Sordi nei Vitelloni perché, anche senza la Strada dei Due Mari, gli umbri, in quel lembo di costa a sud di Fosso Sejore e a nord di Marotta, ci venivano eccome a villeggiare (poi è venuta la Quadrilatero ma questo è un altro mal di pancia). Per farla breve per Pesaro il turismo è sempre stato un ircocervo. Vorremmo un unicorno, ma siamo ancora al «Si può fare».

Così si è ripetuto anche quest’anno. Ci voleva Nardo Filippetti - Gruppo Lindbergh, con gli hotel Excelsior, (5 stelle) Nautilus e il neo inaugurato Charlie, per un investimento di 20 milioni di euro - a rivelare che il re è nudo. «Ma che turismo vuole Pesaro se ancora quando andiamo a promuovere sui mercati non sanno nemmeno che c’è il mare?»: queste più o meno le parole a margine di una conferenza dove si parlava di rumore, isole pedonale, eventi, arredi e vari argomenti stagionali. Con repetita juvant all’inaugurazione del Charlie. Tradotto: come si fa a rendere appetibile Pesaro al netto di spiaggia & servizi, un buon cartellone (il Rof è sempre il Rof e ci sono altre rassegne di qualità), la storia (Urbino è come la petite robe noir de Chanel, va su tutto)? A che turista tipo bisogna rivolgersi? Come comunicare e promuove? E giù tutti a intervenire, consigliare, argomentare. Singoli, consorzi e associazioni. Come ammiccava quel popolare spot di telefonia...

quanto ci piace chiacchierare. «Eh, ma non possiamo mandare a letto i giovani a mezzanotte».

«Sì però anche le famiglie devono riposarsi in vacanza». «Solo il mare non basta più». «Occorre offrire pacchetti esperienziali». «Bisogna fare gioco di squadra». Il nodo è poi raggiungere una sintesi, il media stat virtus del turismo, e da lì indirizzare. Che poi a voler affondare il bisturi sono gli stessi dibattiti di rimando che già si erano orecchiati e sezionati una generazione di albergatori fa. Con una novità: tutti d’accordo che «guai a scimmiottare la Romagna», tanto più che lo stesso modello che ci ha fatto tanto rosicare è in crisi. Per dirla: anche la recente Notte Rosa (per qualche anno Pesaro vi si è accodata al traino) è stata un mezzo flop e per i suoi 18 anni anziché festeggiarla per la compiuta maturità si sta meditando di cancellarla (o rivoluzionarla) in quanto ritenuto un format stanco che alla fine non incide più di tanto sulle presenze. Anche i gusti cambiano. L’altro punto di caduta, che trova gli albergatori e i derivati del settore concordi, è che il nostro alla fine resta per vocazione un turismo familiare e di agire di conseguenza, ma che, detto così, è un po’ come dire d’investire nella pasta perché piace. Sì, la pasta è buonissima ma come la vogliamo la pasta? Pasta lunga, corta, tubolare, di grano duro, integrale, di farro? E il sugo? Pomodoro, verdure, pesce, ragù? Quel termine familiare potrebbe benissimo comprendere tutte le palette di Pantone: coppia con figli, coppia senza figli, monoparentale, allargata, queer, single (per l’Istat sempre famiglie sono). E poi c’è il reddito, l’età, i gusti (dimenticate il sudaticcio pacchetto tuttocompreso alla pensione Maria).

Vacanza non più standard ma personalizzata. Insomma, è il marketing bellezza. Scrutando l’orizzonte, insieme ai vari Cerbero e Caronte in arrivo, il facile vaticinio è che il dibattito anche per quest’estate 2023 ci traghetterà fino al termine della stagione per aggiornarsi alla seguente. Ah, dimenticavo, manca la parolina magica, il supercalifragili che apre le porte: diamo al turista cultura. Beh, per una città che l’anno prossimo sarà Capitale italiana della Cultura 2024 non dovrebbe essere un problema. Il logo si spamma, i totem appaiono, gli incontri si fanno, in un senso d’attesa che ricorda quello che precede il dì di festa. O meglio ancora il Natale. E guai a svelare che Babbo Natale non esiste.

*  Capo della redazione di Pesaro del Corriere Adriatico

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