Sentiamoci tutti coinvolti nella produzione del cibo

Sentiamoci tutti coinvolti nella produzione del cibo

di Davide Neri
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Martedì 9 Gennaio 2024, 04:40

Nel biennio 2022-23 centinaia di aziende agricole sono state chiuse nelle Marche, con un impatto percentuale superiore a quello nazionale. Potrebbe sembrare un normale riallineamento verso una maggiore organizzazione di filiera, con un minore numero di aziende di dimensioni mediamente più grandi per far fronte alle esigenze di mercato. Ma in effetti questo è vero solo in minima parte perché crescono i terreni abbandonati che diventano bosco. Non è bastata la “rivoluzione verde” che a partire dagli anni ‘60 ha portato grandi aumenti della produzione a volte trascurando l’impatto ambientale e sociale, a mantenere economicamente convenienti le nostre aziende, nonostante le enormi semplificazioni tipiche dell'agricoltura industrializzata.

Il professore Paolo Barberi della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ha recentemente evidenziato che negli ultimi anni le produzioni di cibo su scala globale sono aumentate di circa il 50% per le coltivazioni, la carne e il latte e il 40% per il pesce, a discapito della quantità e qualità delle risorse naturali e con crescente impiego di concimi e pesticidi. La perdita di aziende va visto perciò come limite dell’approccio produttivista in una situazione complessa come l’agricoltura. Per il sistema agricolo non basta produrre di più, ma occorre anche produrre meglio, ovvero con maggiore efficienza e minore impatto ambientale; si deve ridurre la distanza tra luoghi di produzione e consumo e si devono coinvolgere i consumatori, convincendoli anche ad adottare diete più salutari favorendo la distribuzione di cibo di buona qualità.

Nel sistema agricolo è fondamentale privilegiare i principi della ecologia e dell'economia circolare, e mantenere le imprese che presidiano il territorio, ma senza il coinvolgimento dei consumatori non si può evitare che la globalizzazione dei mercati renda marginali le produzioni di regioni, come le Marche. L’approccio sostenibile in agricoltura mette in relazione la possibilità di utilizzare gli strumenti tecnologici e le soluzioni riduzioniste solo se si è in grado di mantenere la visione di sistema, che include il territorio, la sua struttura sociale e l’innovazione.

Per questo l’agricoltura biologica, anche se mediamente ha una produttività inferiore dell'8-25%, può essere di supporto a quella integrata con uso attento dei fattori esterni e avere un ruolo positivo nella produzione agricola nel nostro territorio. Occorre reindirizzare i sistemi agro-alimentari in senso agroecologico, con tecniche innovative che valorizzino e proteggano le risorse naturali e la biodiversità con sinergie tra microrganismi, piante e animali.

Si possono ridurre gli input per ottenere produzioni stabili e di elevata qualità da sistemi diversificati resilienti ai cambiamenti climatici e sostenibili nel lungo periodo e non puntare solo sull’aumento di produttività. Tutto questo è supportato da un crescente numero di evidenze scientifiche che mostrano come sistemi integrati avanzati e/o biologici riducono i residui di pesticidi e migliorano le caratteristiche dei suoli e la biodiversità dei sistemi.

Ad esempio nelle Marche gli Accordi Agroambientali d’Area come quello nella Valdaso hanno stimolato l’abbandono dell’uso degli erbicidi di sintesi nei frutteti a favore di tecniche di gestione alternative per il contenimento delle erbe infestanti. Non va dimenticato he se esprimessimo lo spreco alimentare mondiale in termini di emissioni di gas a effetto serra questo sarebbe il terzo «Paese» al mondo in termini di emissioni globali dopo la Cina e gli Usa (stima FAO).

Il progetto europeo StopMedWaste, coordinato dal prof. Gianfranco Romanazzi del dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e ambientali – UNIIVPM, stima che il miglioramento della conservazione di prodotti ortofrutticoli e piante aromatiche mediante l’impiego di strategie innovative per il prolungamento della vita postraccolta dei prodotti freschi e la sicurezza del consumatore, sia capace di ridurre gli scarti alimentari dal 30 al 15% e del 20% l’impiego postraccolta di agrofarmaci.

È quindi importante colmare i ritardi nei sistemi di produzione e ridurre lo spreco alimentare, anche reindirizzando le diete dei consumatori come evidenziato in un recente studio su Lancet; in questo modo ci sarebbe già oggi cibo sufficiente per oltre 10 miliardi di persone e un impatto positivo sul benessere delle persone, ovviamente se accompagnato da stili di vita appropriati.

L'agroecologia è alla base della rivalutazione socio-economica dei territori rurali, e rappresenta la direzione per innovazioni che aumentino la competitività del sistema agricolo marchigiano e al tempo stesso diano maggiore solidità alle aziende. Operatori ben preparati in grado di essere competitivi sul mercato grazie alla ricerca e al tempo stesso “custodi” dell’ambiente, supportati da consumatori attenti, curiosi e sensibili alla salubrità del cibo possono creare un sistema con molte aziende sul territorio, cibo buono e senza sprechi.

* Docente Dipartimento di Scienze agrarie, alimentari e ambientali dell’Università Politecnica delle Marche
 

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