Con Ciriaci la seconda vita dei capi vintage è fashion e green

San Severino, con Ciriaci la seconda vita dei capi vintage è fashion e green
San Severino, con Ciriaci la seconda vita dei capi vintage è fashion e green
di Massimiliano Viti
3 Minuti di Lettura
Giovedì 12 Dicembre 2019, 12:33

SAN SEVRINO - Economia circolare, sostenibilità, recupero dei rifiuti, tutti concetti di cui oggi sentiamo parlare sempre più spesso, con i grandi brand della moda impegnati a studiare come passare dalle parole ai fatti. La sostenibilità è già un importante fattore di competitività e lo sarà sempre di più col passare degli anni. Federico Ciriaci, 37 anni, ha creduto da tempo al potere dell’economia circolare e ci ha costruito il suo futuro. Il giovane sanseverinate dà una seconda vita ai vestiti, li rigenera. 

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Raccoglie capi di abbigliamento vecchi, usati, quasi sempre destinati alla discarica. Li scuce fino ad ottenere una intera tela, che poi lavora come fosse nuova. Il risultato finale è un capo con un effetto used naturale e non ottenuto attraverso trattamenti inquinanti. Un’attività complessa che richiede abilità creative e manuali non comuni. Il nuovo pezzo viene venduto a negozi, boutique con il marchio Archived Surplus o, senza brand, all’ingrosso o ad altre aziende che lo inseriscono nel proprio campionario. La produzione è limitata ad una ventina di pezzi al giorno, circa 4.000-5.000 l’anno. Federico non ha una formazione specifica, né nel campo della moda e né in quello dell’arte. «A 18 anni ricondizionavo i computer che le banche buttavano per sostituirli con macchine più moderne e performanti. Poi una decina di anni fa ho iniziato a customizzare le scarpe Converse e poco dopo sono passato ai pantaloncini corti a cui applicavo le stesse borchie utilizzate per le sneaker», racconta Federico che poi ha avuto il colpo di fulmine quando ha incontrato il denim. Quello che prima era un hobby è diventato il suo lavoro otto anni fa quando ha creato l’azienda Studio365. Oggi Federico Ciriaci ha un magazzino, con una piccola lavanderia interna, e continua a destrutturare e a riassemblare i capi. La fase più importante e delicata è la raccolta dell’abbigliamento.
La ricerca
«Vado spesso alla ricerca dei lotti da acquistare, in Italia e all’estero. Stock provenienti da fallimenti, capi vecchi o usati. Sono specializzato nel jeans, che nella stragrande maggior parte dei casi si traduce con Levi’s, il brand più diffuso. Non faccio una selezione a monte di quello che reputo più adatto ad essere rigenerato come facevo in passato. Un’operazione che oggi possono fare in parecchi. Ora compro tutti i pezzi, belli, brutti, sporchi, macchiati. Li utilizzo tutti. Non getto via niente. Gettare, buttare, sono verbi banditi nel vocabolario della mia azienda» precisa l’imprenditore .

Non solo jeans
A questa attività “rigenerante”, in cui il denim assorbe circa il 60%, Federico ha affiancato il business dei capi militari. Sono soprattutto capispalla e camicie che arrivano prevalentemente dall’estero. Una volta entrati nel magazzino di Archived Surplus subiscono lo stesso trattamento e lavorazione. In entrambi i casi (sia abiti civili e sia militari) i clienti sono sparsi in tutta Italia, Marche comprese. E sono in aumento perché il mercato del second hand e dell’usato sta prendendo piede, proprio per la crescente sensibilità verso le questioni legate all’ambiente. 

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