Pasquale Russo (Conftrasporto): «Gli investimenti Ue adesso siano estesi anche agli aeroporti e alle reti autostradali»

Il presidente dell'associazione: «Escluderli è stato un errore molto grave. L’Autonomia differenziata? Le infrastrutture necessitano di una regia nazionale»

Pasquale Russo (Conftrasporto): «Gli investimenti Ue adesso siano estesi anche agli aeroporti e alle reti autostradali»
di Umberto Mancini
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Mercoledì 5 Luglio 2023, 13:12 - Ultimo aggiornamento: 6 Luglio, 07:41

I fondi del Pnrr vanno destinati anche ad infrastrutture stradali e agli aeroporti.

Escluderli è stato un grave errore, ora è necessario che il governo, nell’ambito della messa punto delle risorse e della rinegoziazione del piano, riconsideri il tema, mettendolo tra le priorità». Va dritto al punto Pasquale Russo, presidente di Conftrasporto, l’associazione di categoria che raggruppa oltre 30 mila imprese della logistica e che da poco ha assunto la guida dell’organizzazione. Determinato e consapevole della posta in gioco, Russo insiste anche sulla necessità di realizzare il Ponte sullo Stretto e di modernizzare il sistema dei trasporti per dare alle aziende maggiore competitività e all’Italia la possibilità di colmare il gap con l’Europa.

Presidente, perché secondo lei alcuni settori chiave dell’economia sono stati completamente esclusi dal Pnrr, penso alle autostrade e agli aeroporti. Non crede sia una scelta sbagliata?

«Una scelta errata che riflette un principio anacronistico e ideologico, un falso ambientalismo che non consente lo sviluppo del Paese, anzi che danneggia l’economia, le aziende e le famiglie. La lotta alle emissioni nocive si combatte anche fluidificando il traffico, eliminando i colli di bottiglia, puntando su aeroporti sostenibili e green».

Pasquale Russo, presidente di Conftrasporto

La colpa è del precedente governo?

«Non era facile impegnare tante risorse in così poco tempo. Di certo c’è stata una scarsa capacità di prevedere l’impatto. Ma ora speriamo, anzi ci auguriamo, che ci sia una profonda revisione del Pnrr. Dare impulso alle infrastrutture, è evidente, darebbe un maggiore impulso al turismo, favorirebbe la mobilità, consentirebbe di sciogliere tutta una serie di nodi sul fronte della rete viaria, da quello di Genova all’Adriatica, in tutti quei tratti in cui il livello di saturazione del traffico è ormai al limite. Produrre traffico e code non è green, elettrificare i porti e implementare gli aeroporti è decisivo per reggere la sfida internazionale. Ci sono le risorse, c’è la capacità progettuale e realizzativa di Anas, Rfi e dei gruppi privati».

Parliamo dei porti?

«Il governo ha avviato la riforma del sistema portuale considerando che si tratta di un sistema in continua evoluzione. A nostro avviso - e il ministro Salvini sta facendo molto in questo senso - serve una programmazione degli investimenti condivisa, con una regia a livello nazionale. I singoli porti vanno sempre di più “specializzati”, seguendo la vocazione di ciascuno e le possibilità di sviluppo rispetto al mercato. Le singole Autorità portuali devono lavorare in maniera coordinata, accelerando gli investimenti e tagliando i tempi burocratici. Decisiva in questa fase, vista la crescente concorrenza a livello globale, la semplificazione amministrativa che chiediamo da tempo.

Penso ai dragaggi, alla elettrificazione delle banchine, all’intermodalità».

L’Autonomia differenziata, nello schema in discussione, rischia invece di frammentare gli interventi, di sottrarre le infrastrutture portuali ad una regia nazionale, unitaria?

«Sarebbe un gravissimo errore. Nel campo delle infrastrutture, e parlo in senso generale e non solo di porti, bisogna avere una logica di tipo nazionale, centralizzando gli interventi in uno spirito che deve privilegiare l’interessa nazionale e non quello particolaristico. Se ciascun territorio fa da sè, segue i propri fini, il sistema diventa fragile , s’indebolisce e sarà inevitabilmente meno efficiente. Da qui la necessità di avere una visione unica. Inquadrando, tanto per fare un esempio, il Ponte sullo Stretto di Messina, in questo contesto, di reti infrastrutturali europee, di crescita complessiva del nostro Paese».

Ma c’è chi in Europa pensa solo ai propri interessi. Basta guardare al caso del Brennero.

«Il ministro Salvini, coinvolgendo anche la Germania, si sta impegnando molto per risolvere la questione, chiedendo, tra l’altro, l’intervento decisivo della Commissione Ue. L’Austria deve rispettare le indicazioni europee e togliere gli attuali divieti che favoriscono solo le aziende di questo Paese, penalizzando tutti gli altri, Italia in primis. L’attraversamento del Brennero è un nodo da sciogliere in fretta, così come le politiche europee del trasporto devono avere come obiettivo la crescita, mettendo da parte ideologismi. La sfida è globale e l’Europa non può perdere altro tempo: deve puntare su intermodalità e mobilità integrata».

Quale è il ruolo dei grandi operatori nel sistema produttivo del nostro Paese: ora a Conftrasporto aderiscono multinazionali come Msc ed Amazon logistica?

«Conftrasporto è l’unica organizzazione del mondo della logistica che ha la missione di rappresentare anche i grandi player del settore. Sono un valore aggiunto, portano sviluppo e visione. I grandi operatori sono fondamentali perché in questo comparto, come sa, le economie di scala sono fondamentali. Importante aiutare le aziende, tutte le aziende, nella interlocuzione quotidiana con le istituzioni, il territorio, le amministrazioni. Per condividere le scelte, sviluppare il confronto, trovare le soluzioni più adeguate a questa fase di grande trasformazione che stiamo vivendo».

Che impatto ha l’innovazione tecnologica nei comparti industriali che voi rappresentate?

«Noi siamo da sempre dei sostenitori dello sviluppo tecnologico, quando questo genera qualità e semplificazione. Ad esempio, in questi ultimi anni il mondo dell’autotrasporto ha investito risorse importanti per adeguare i propri sistemi di telepedaggio alle nuove tecnologie satellitari. Questo ha comportato significativi vantaggi, soprattutto dal punto di vista dell’interoperabilità e della sicurezza. Vediamo invece che in Italia si sta provando a introdurre tecnologie ibride, come il videotolling, che ad oggi generano una media del 15% di errori di billing, oltre a non essere interoperabili. A chi giova investire risorse in sistemi inutili? In autunno affronteremo il tema insieme al Ministero delle Infrastrutture».

Rappresentate un panorama molto variegato, oltre 30 mila imprese, sensibilità spesso diverse, come tenere la barra dritta?

«Siamo una organizzazione che rappresenta e tutela interessi diffusi con l’obiettivo di promuovere il comparto, non solo siglando il contratto nazionale, ma con una visione ampia che ha come obiettivo lo sviluppo e non gli interessi particolari».

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