Mirafiori, premier: «Se vince il no, Fiat
ha buoni motivi per andar via». E' bufera

Vendola ai cancelli di Mirafiori
Vendola ai cancelli di Mirafiori
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Mercoledì 12 Gennaio 2011, 09:58 - Ultimo aggiornamento: 28 Gennaio, 21:58
ROMA (12 gennaio) - Gioved e venerd si terr a Mirafiori il referendum sul quale dovranno pronunciarsi i metalmeccanici. La Fiat ha deciso di tenere assemblee nei reparti per spiegare, tramite i capireparto, l'accordo del 23 dicembre, non firmato da Fiom e Cobas, e per invitare gli operai di votare sì. La Fiom contesta il metodo.



«Se passasse il no al referendum le imprese e gli imprenditori avrebbero buone motivazioni per spostarsi in altri Paesi» ha detto oggi il premier Silvio Berlusconi, rompendo il silenzio sulla vicenda Fiat. E lo fa sposando completamente la linea Marchionne. Una miccia, quella innescata a Berlino dal presidente del consiglio proprio alla vigilia del referendum di Mirafiori, che esplode immediatamente in Italia, scatenando la durissima reazione dell'opposizione e dei sindacati. Parole «vergognose» per il segretario Pd, Pier Luigi Bersani, che «danneggiano il Paese», secondo la leader Cgil, Susanna Camusso, pronunciate da un premier «irresponsabile», assicura l'Idv Leoluca Orlando. Mentre per Nichi Vendola, contestato proprio oggi a Mirafiori, Berlusconi dovrebbe essere «denunciato per alto tradimento». Più in linea con il premier Pier Ferdinando Casini: «Marchionne non è un santo - dice - ma spero che vincano i sì», mentre la sintonia è piena con il presidente della Confindustria, Emma Marcegaglia, che appoggia in toto Marchionne.



Berlusconi è a Berlino per un vertice bilaterale, mentre in Italia, nello stabilimento di Mirafiori, sale la tensione ad un giorno dal referendum. Ha accanto a sè la cancelliera Angela Merkel quando, durante la conferenza stampa di chiusura del vertice, risponde alla domanda sulla Fiat. «Riteniamo assolutamente positivo lo sviluppo che sta prendendo la vicenda con la possibilità di un accordo tra le forze sindacali e l'azienda», dice il premier, «nella direzione di una maggiore flessibilità del lavoro». Poi l'affondo: «Ci auguriamo che la vicenda abbia un esito positivo, perché se ciò non dovesse accadere le imprese e gli imprenditori avrebbero buone motivazioni per spostarsi in altri Paesi».



Immediate sono arrivate le reazioni dall'Italia. Il centro sinistra, compatto, ha condannato le parole del premier definendole "vergognose". «Berlusconi non se ne accorge perché è un miliardario, ma noi paghiamo a lui uno stipendio che gli sembrerà misero per occuparsi dell'Italia e fare gli interessi del Paese e non per fare andare via le aziende» ha commentato Bersani, mentre il collega di partito Luigi Zanda ha definito le parole del premier «l'ennesima conferma del suo inqualificabile disprezzo per l'interesse nazionale».



Sconcerto anche dall'Idv: «Cosi si capisce chi lavora per il bene del Paese e chi invece opera contro la legalità costituzionale, l'interesse dei cittadini e dei lavoratori» ha detto Orlando, mentre Silvana Mura ha definito «gravissime» le parole del premier. E se Vendola ha parlato di alto tradimento, Alessandro Pignatiello (PdCI-FdS), ha definito quello di Berlusconi «uno spot pro Marchionne» e «contro i lavoratori e il Paese».



Diversa la posizione di Casini convinto che se dovesse venire meno l'investimento della Fiat in Italia «sarebbe un campanello d'allarme sulla fuga» dal paese di altri investitori. «In un mondo di grandi trasformazioni - ha aggiunto - il rischio vero è che la competizione italiana si indebolisca a causa dell'esodo di investitori esteri. Se a questo si aggiunge una fuga degli investimenti nazionali, allora c'è un fatto estremamente negativo». Pericolo che vede anche il coordinatore piemontese di Fli, Roberto Rosso, denunciando che mentre in Italia si pensa di delocalizzare l'industria dell'auto, ci sono gruppi stranieri pronti a venire «a fare la spesa» da noi.



Dure le reazioni dei sindacati: «Non conosco nessun presidente del consiglio di nessun Paese che si augura che se ne vada in più grande gruppo industriale di quel Paese - ha detto la leader Cgil, Susanna Camusso - Il premier sta facendo una gara con l'amministratore delegato della Fiat tra chi fa più danno al nostro Paese - Mi piacerebbe che il mondo delle imprese e della politica oggi dicesse che, se questa è la sua idea del Paese, è meglio che se ne vada». Con lei anche il segretario della Fiom Maurizio Landini, che ha denunciato «la totale subalternità del governo alle logiche della Fiat». Ma l'appello della Camusso agli imprenditori non ha trovato ascolto in casa Confindustria: «Siamo con la Fiat - ha detto Emma Marcegaglia - e speriamo che al referendum vinca il sì».



Migliaia di persone hanno partecipato in serata a Torino alla fiaccolata contro l'accordo per Fiat Mirafiori, promossa dalla Fiom. Il lungo corteo, partito da piazza Statuto, ha raggiunto piazza Castello dove si è tenuto il breve comizio finale del segretario torinese della Fiom, Federico Bellono, e del responsabile auto dello stesso sindacato, Giorgio Airaudo. «Siamo davvero tanti - ha detto Airaudo - più del previsto. Non diremo che siamo 40 mila - ha aggiunto riferendosi alla marcia dei 40 mila di 30 anni fa, poi divenuta famosa - ma la parte migliore di Torino non ha lasciato soli i lavoratori di Mirafiori di fronte a questo referendum che è un ricatto». Riferendosi alla frase di Berlusconi pronunciata oggi a Berlino, Airaudo ha aggiunto che «il presidente del Consiglio da oggi non è più un italiano perché non difende i cittadini del suo Paese, a partire dai più deboli. Dicendo che se vinceranno i no al referendum le imprese lasceranno l'Italia, Berlusconi ha fatto una cosa inaccettabile. Molti lavoratori hanno spiegato che voteranno sì essendovi in pratica costretti, ma anche quei sì estorti varranno come no e saranno la sconfitta di Marchionne. In ogni caso noi non lasceremo mai divisi i lavoratori».



Ha detto Giorgio Airaudo: «Da questa mattina alle Carrozzerie di Mirafiori si sta verificando un fenomeno singolarissimo. Gruppi di lavoratori vengono riuniti dalla gerarchia aziendale che spiega loro, a modo suo, i contenuti dell'accordo separato del 23 dicembre. In pratica, la Fiat sta facendo le sue assemblee. Nel silenzio dei sindacati firmatari - accusa Airaudo - l'Azienda ha assunto non solo la guida diretta del fronte del sì, ma addirittura l'iniziativa di sostituirsi ai sindacati stessi».



Momenti di tensione davanti ai cancelli della porta 2 di Mirafiori dove è arrivato il governatore della Puglia, Nichi Vendola, per incontrare i lavoratori. Al suo arrivo un gruppo di militanti della Fismic lo ha contestato alzando copie di giornale in cui Vendola viene paragonato a Marchionne. La contestazione ha provocato un duro scambio di battute tra sostenitori e oppositori del piano di rilancio dello stabilimento torinese e sono volate anche parole grosse e insulti. Ora davanti ai cancelli ha fatto la sua comparsa uno squalo di gomma sorretto da un ritrattista con a fianco un cartello 'Votate sì, così la mia crisi la pagherete voi tuttì.



«Qualcuno nel Pd è molto più pronto a bacchettare me piuttosto che gli altri:
perché è un errore venire davanti ai cancelli di Mirafiori? Credo che sia sbagliato piuttosto non venire di fronte a Mirafiori»: così il leader di Sinistra Ecologia e Libertà ha indirettamente risposto a Massimo D'Alema che lo aveva criticato al dopo l'annuncio della sua visita allo stabilimento Fiat. «Domani vedremo cosa succede», ha detto Vendola ai giornalisti riferendosi alla direzione del Pd convocata nel giorno dell'avvio del referendum sull'accordo non firmato da Fiom e Cobas. «Penso - ha aggiunto - che il centrosinistra, per rendere credibile un progetto di alternativa a Berlusconi e al berlusconismo debba ripartire dal dire parole chiare sul lavoro, su lavoro e libertà: oggi le persone non sono libere perchè quando si vive con la paura continua di perdere il lavoro, di non trovarlo mai, quando si vive sul proprio collo il fiato cattivo della precarietà a vita non si è liberi. Penso - ha concluso - che il centrosinistra debba ripartire da qua».



«La Fiat ha paura che i lavoratori leggano il contratto». Così Nichi Vendola, governatore della Puglia commenta la sua visita davanti ai cancelli di Mirafiori alla vigilia del referendum sul piano di rilancio. «I lavoratori, invece - ha aggiunto - sia che votino si, sia che votino no, hanno un tratto in comune, la mescolanza di rabbia e dolore e la percezione di una vita lavorativa che peggiora continuamente». «C'è poi - ha proseguito - l'incredibile paura dell'azienda che sente il bisogno di ordinare al proprio sindacato giallo di promuovere una contestazione ad uso dei media di cui neppure mi sono accorto», ha concluso, facendo riferimento alla contestazione della Fismic davanti alla porta 2.
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