Cinque poliziotti e cinque manifestanti sono rimasti feriti nel corso dei disordini avvenuti dinanzi alla sede Rai di Napoli durante la manifestazione contro l'informazione del servizio pubblico su Gaza indetta dopo le polemiche seguite all'esibizione di Ghali a Sanremo. Dei cinque agenti, si apprende da fonti della questura, due sono in servizio al Reparto Mobile mentre altri tre al locale commissariato di polizia. Da fonti dei manifestanti si apprende che sono cinque gli attivisti colpiti e costretti a farsi medicare dopo gli scontri. Nessuno dei feriti è in gravi condizioni.
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«Violenza inattesa»
La sua foto con il volto coperto di sangue dopo gli incidenti sta facendo il giro del web: «Per fortuna sto bene - racconta all'ANSA Mimì Ercolano, sindacalista del Si Cobas - ma siamo stati vittime di una reazione violenta, spropositata e inattesa, colpiti con i manganelli solo per aver tentato di affiggere uno striscione ai cancelli della Rai. Mimì spiega di essere stata medicata per la ferita alla testa, «ho mal di testa e una prognosi di cinque giorni, ma sono pronta a scendere anche subito nuovamente in piazza se serve».
La protesta si sposta a Roma
Presidio sotto la Rai a viale Mazzini sabato prossimo alle 15.30 «contro la censura e l'oppressione» dopo la reazione dell'azienda alle parole di Ghali che durante il festival di Sanremo ha detto «Stop al genocidio» a Gaza. A promuovere il sit-in è Spin Time Labs, il centro culturale nel palazzo occupato in via di Santa Croce in Gerusalemme a Roma. «Non è normale - afferma Spin Time Labs - che persone ed artisti non possano più usare lo spazio mediatico per comunicare messaggi giusti, di pace, di disarmo, temendo che la Rai censuri il loro pensiero. Questa non è libertà d'espressione, ma è un governo che opprime, che nasconde, che anche tramite questi spazi mediatici si schiera dalla parte degli oppressori, tentando di affondare chi prova a diffondere messaggi universali di pace. Per questo, come in moltissime città d'Italia anche a Roma si scenderà in piazza. Bisogna cessare il fuoco e fermare il genocidio».