Governo e il caso dossier: al via verifiche a campione. Pm, sì alle carriere separate

Mantovano convoca Polizia, Servizi, Gdf e Bankitalia: esami sulle banche dati interne

Il governo e il caso dossier: al via verifiche a campione. Pm, sì alle carriere separate
Il governo e il caso dossier: al via verifiche a campione. Pm, sì alle carriere separate
di Francesco Bechis
4 Minuti di Lettura
Giovedì 14 Marzo 2024, 08:40

Governo, Parlamento, pubbliche amministrazioni. Lo scandalo dei dossieraggi inquieta e muove il centrodestra. Ieri pomeriggio a Palazzo Chigi in una riunione dei vertici di Polizia, Bankitalia, Guardia di Finanza, Agenzia cyber e Servizi il sottosegretario Alfredo Mantovano ha dettato la linea: una stretta decisa e immediata sui controlli delle banche dati interne per evitare un nuovo caso Pasquale Striano. Intanto la premier Giorgia Meloni è pronta ad accelerare sulla riforma della Giustizia: presto, prima delle Europee, atterrerà in Cdm il disegno di legge sulla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, insieme alla riforma elettorale del Consiglio superiore della magistratura. 
Un segnale a Forza Italia e Antonio Tajani in vista dell’ordalia europea di giugno: anche gli azzurri - come la Lega con l’autonomia e Fratelli d’Italia con il premierato - potranno rivendicare la “loro” riforma costituzionale. 

L’ALLARME

Con ordine. Mentre le inchieste giudiziarie a Roma e Perugia promettono di squarciare il velo sul “verminaio” di dossier segreti trafugati dalla Direzione nazionale antimafia, la politica fa la sua mossa. In Parlamento, con il ciclo di audizioni a cui lavora la Commissione Antimafia, pronta a sentire, fra gli altri, i ministri Nordio e Crosetto, il procuratore di Roma Lo Voi e l’editore del Domani Carlo De Benedetti. E sempre dall’emiciclo arriverà il via libera al Ddl sulla cybersicurezza che raddoppia le pene per chi accede illegalmente alle banche illegali, hacker o funzionari infedeli come Striano, fino a dieci anni di reclusione. 
Ieri a Montecitorio Mantovano ha chiesto alle commissioni Giustizia e Affari costituzionali di fare presto: il furto di dossier dalle banche dati può «determinare pesanti contraccolpi istituzionali», ha ammonito, «oggi è punito più gravemente chi si introduce in un’abitazione rispetto a chi sottrae migliaia di dati sensibili». Poi, si diceva, si muove il governo. Ieri la riunione operativa con Mantovano per un vademecum delle pubbliche amministrazioni utile a evitare in ogni modo un nuovo caso Striano. Tutti convocati, dalla Direttrice del Dis Elisabetta Belloni al Direttore dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale Bruno Frattasi, insieme al viceministro del Mef Maurizio Leo, il capo della Polizia Vittorio Pisani, della Guardia di Finanza Andrea De Gennaro, il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, il numero uno di Banca d’Italia Fabio Panetta. «Alla luce delle recenti vicende di dossieraggio», fa sapere il governo in serata, saranno messi a sistema «percorsi di tipo amministrativo e organizzativo per rendere più stringente il sistema dei controlli, con adeguati alert atti a scongiurare gli abusi e con verifiche periodiche». Ecco il giro di vite sui controlli.

Del resto sono state le maglie larghe del sistema in vigore nell’ufficio Segnalazioni operazioni sospette (Sos) della Dna a permettere a Striano di collezionare e far uscire migliaia di dossier su politici, funzionari e vip. Nel dettaglio, Mantovano ha raccomandato alle amministrazioni di fare un check up delle regole sugli accessi alle banche dati. Annunciando con una circolare nuovi controlli a campione sui funzionari che accedono ai server e prevedendo norme interne di dettaglio per tracciare il “logging” dei dipendenti alle piattaforme. Fatta eccezione per il ddl Cyber con la normativa anti-hacker, tanto più necessaria ora perché, ha spiegato ieri Mantovano alla Camera, si registra una preoccupante impennata di attacchi ai server istituzionali, specialmente da attori filopalestinesi e filorussi, non è in vista una legge ad hoc per lo scandalo dossier. E la lettura prevalente degli apparati di sicurezza sembra andare in una direzione diversa da quella inizialmente propinata dal governo: salvo nuove scoperte dei magistrati su eventuali “mandanti”, il verminaio alla Dna è la storia di un funzionario infedele, riuscito troppo a lungo a trafugare dati sensibili per l’incuria e l’inefficienza dei controlli interni, a cui ora si vuole rimediare. 

Né convince gli 007 italiani l’allarme, adombrato dalla magistratura, della mano di Servizi stranieri che potrebbe allungarsi sulle Sos finanziarie: le intelligence estere hanno risorse più sofisticate per bucare le banche dati. C’è però, questo sì, un serio problema di sicurezza informatica della Pa. Come riprova la lettera inviata a fine gennaio a Nordio da sei procure italiane - Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, Perugia - e resa nota ieri. La missiva segnala «le criticità strutturali» di “App”, l’applicativo per attuare il processo telematico, che «non consentono di garantire compiutamente la segretezza interna delle notizie».

IL SEGNALE

Della vicenda dossieraggi ha parlato Meloni lunedì a Palazzo Chigi con Nordio, i vicepremier Salvini e Tajani, i sottosegretari alla Giustizia, insieme a Fazzolari e Mantovano. La riunione, rivelata ieri dalla premier che nega incomprensioni e gelo con il suo Guardasigilli, è servita però soprattutto a dare il via libera politico alla riforma della separazione delle carriere fra magistrati giudicanti e inquirenti. Battaglia storica del centrodestra, soprattutto di Forza Italia: entro la fine di aprile arriverà un Ddl, poi un primo via libera del governo, insieme alla riforma del sistema elettorale del Csm ora in discussione in Parlamento. È un segnale politico di Meloni agli alleati azzurri, che ora avranno una bandiera da issare per il voto Ue. Ma servirà cautela. La riforma può innescare un nuovo scontro con le toghe. Ed è seguita con grande attenzione dal Quirinale. 

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