Resistenza a pubblico ufficiale, condannato Rendina: non volle lasciare Pescara del Tronto

Resistenza a pubblico ufficiale, condannato Rendina: non volle lasciare Pescara del Tronto
Resistenza a pubblico ufficiale, condannato Rendina: non volle lasciare Pescara del Tronto
di Luigi Miozzi
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Martedì 16 Febbraio 2021, 08:40

ASCOLI - Enzo Rendina, l’ultimo reduce di Pescara del Tronto che nelle ore successive alla terribile scossa del 24 agosto del 2016 fu tra i primi a prestare aiuto ai suoi concittadini, salvandone alcuni che erano rimasti sotto le macerie delle abitazioni proprie crollate, è stato condannato a cinque mesi di reclusione (con la sospensione della pena) per resistenza a pubblico ufficiale e interruzione di pubblico servizio.

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«Sono molto addolorato, questo calvario non finisce mai - ha detto Enzo Rendina pochi istanti dopo che il giudice del tribunale di Ascoli Matteo Di Battista aveva pronunciato la sentenza di primo grado -.

Non ho fatto niente e sono stato condannato, sono molto demoralizzato in questo momento. Mi chiedo, quando finisce questo terremoto?». 


Rendina aveva sempre rifiutato di lasciare Pescara del Tronto, tanto che aveva montato una tenda davanti alla propria casa per rimanere in quella zona. A nulla erano servite le raccomandazioni del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e di Papa Francesco che lo avevano incontrato durante le visite ai luoghi devastati dal sisma e gli avevano consigliato, per il suo bene, di andarsene da lì perché la situazione si stava facendo sempre più pericolosa. Con il passare dei mesi, Rendina era diventato un simbolo della resistenza e della determinazione a non voler abbandonare la sua terra. Il 30 gennaio 2017, venne arrestato a seguito della diffida, che l’allora sindaco Aleandro Petrucci gli fece notificare il 28 dicembre 2016, di lasciare la tenda che continuava ad occupare pur avendo a disposizione l’alloggio in un albergo. 


Stando alla ricostruzione che è stata fornita dagli inquirenti, alla vista dei carabinieri il cinquantanovenne avrebbe cominciato a sgomitare per cercare di divincolarsi dai sei militari dell’Arma che volevano allontanarlo. E a quel punto Rendina venne arrestato. Nel corso del processo, il difensore di Rendina, l’avvocato Francesco Ciabattoni, aveva sostenuto che il suo assistito era affetto da una depressione tanto che, proprio il giorno in cui venne arrestato, era stato dal suo medico che gli aveva prescritto una visita psichiatrica specialistica per valutare gli esiti della fobia da casa in muratura di cui soffriva e che non gli consentiva di trasferirsi altrove. Nella lista dei testimoni che sono stati indicati dalla difesa, compariva anche il dottor Fabio Terribili, lo psichiatra che teneva in cura Enzo Rendina e che aveva certificato lo stato psichico dell’arquatano. Lo stesso Rendina si è sempre proclamato innocente dichiarando che non ha opposto nessuna resistenza nei confronti dei carabinieri che lo portarono via dal campo che i vigili del fuoco avevano allestito proprio nella frazione che venne rasa al suolo dalla scossa di terremoto. 


Al termine del processo di primo grado, il tribunale di Ascoli ha dichiarato Enzo Rendina colpevole e lo ha condannato a cinque mesi di carcere. L’avvocato Francesco Ciabattoni aspetterà il deposito delle motivazioni della sentenza per poi predisporre il ricorso davanti ai giudici della corte di appello di Ancona. 

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