I talebani lo volevano giustiziare, Javad adesso è libero di suonare: ha raggiunto i suoi fratelli a Senigallia

I talebani lo volevano giustiziare, Javad adesso è libero di suonare: ha raggiunto i suoi fratelli a Senigallia
I talebani lo volevano giustiziare, Javad adesso è libero di suonare: ha raggiunto i suoi fratelli a Senigallia
di Sabrina Marinelli
3 Minuti di Lettura
Martedì 27 Dicembre 2022, 03:40

SENIGALLIA - Scappato dai talebani che volevano ucciderlo, dopo un anno e mezzo in Iran, spesso nascosto perché clandestino, Javad Mohammadi è finalmente libero e può ricominciare una nuova vita a Senigallia. Qui ha due fratelli. Ali da tempo ha aperto un negozio di alimentari in via Costa, nel rione Porto. Tutta la sua famiglia era in Afghanistan e il primo a raggiungerlo, dopo che il regime talebano ha ripreso la guida del Paese, è stato il fratello Saki che collaborava con il governo italiano. Per Javad, invece, è stata un’impresa. 

 
Il racconto 

«Sono scappato quando hanno distrutto il mio studio di registrazione in Afghanistan – racconta Javad – sono un cantante e la mia professione è ritenuta deplorevole.

Sono andato in Iran dove mi hanno rinnovato per tre volte il visto ma per alcuni periodi, essendo clandestino, mi sono dovuto nascondere, altrimenti rischiavo che mi rimandassero in Afghanistan, dove mi avrebbero giustiziato. Adesso sono al sicuro e felice». Il fratello Gulam Ali Mohammadi, che nel rione Porto tutti chiamano Ali, si è dato parecchio da fare, appellandosi a tutti. Si era interessato al suo caso anche l’ambasciatore italiano in Iraq, Maurizio Greganti. Ali gli aveva lanciato un appello perché, pur essendo originario di Montemarciano, aveva studiato a Senigallia e conosceva la realtà cittadina dove voleva far arrivare il fratello e poi si trovava in un Paese vicino all’Iran, da cui il musicista trentenne non riusciva a raggiungere l’Italia. «Tanti si sono mobilitati ma non riuscivamo a fare in modo che avesse la priorità, rispetto ad altri in lista d’attesa, visto che rischiava di morire in caso di rimpatrio – racconta Ali –, ho avuto paura di perderlo. Ho vissuto questo anno e mezzo con il terrore di non rivederlo. Lo scorso Natale ero partito sperando di poterlo riportare a casa ma non c’ero riuscito, quest’anno è venuto lui e abbiamo passato il Natale insieme». La famiglia non si è riunita del tutto. «Ho ancora un fratello e una sorella in lista d’attesa per lasciare l’Iran – spiega – e due sorelle in Afghanistan, che stanno cercando di uscire, ma la priorità era far arrivare a Senigallia Javad perché gli era scaduto il terzo visto iraniano e non glielo rinnovavano più. Rischiava di essere rimandato indietro nel suo Paese, dove lo avrebbero ucciso. Un ringraziamento particolare, per aver sbloccato la situazione, dobbiamo farlo al colonnello Cortellessa, ora in pensione. Lavorava in Afghanistan e tramite i colleghi della Farnesina si è attivato perché Javad potesse tornare il prima possibile». Non deve più scappare Javad, adesso è libero di suonare la sua musica a Senigallia.

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