Ilaria uccisa di botte dal marito a Osimo, via al processo. Il fratello: «Dateci verità e giustizia»

Ilaria uccisa di botte dal marito a Osimo, via al processo: il fratello: «Dateci verità e giustizia»
Ilaria uccisa di botte dal marito a Osimo, via al processo: il fratello: «Dateci verità e giustizia»
di Giacomo Quattrini
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Mercoledì 20 Dicembre 2023, 03:15 - Ultimo aggiornamento: 15:52

OSIMO - E’ iniziato ieri alla Corte d’Assise di Ancona il processo a carico di Tarik El Ghaddassi. Il 42enne marocchino è accusato di aver ucciso di botte la moglie Ilaria Maiorano, 41 anni, nella casa dove abitavano, a Padiglione, al culmine di una lite avvenuta la mattina dell’11 ottobre 2022. Il capo di imputazione è omicidio volontario pluriaggravato dalla crudeltà, dai futili motivi, dai maltrattamenti, dalla presenza in casa di due figlie minorenni e dall’aver commesso il fatto durante l’esecuzione di una pena, dato che Tarik era ai domiciliari per un altro reato. Ieri era presente in aula ma lontano da occhi indiscreti.

Lo sfogo

«Ci è passato davanti ma ha volto lo sguardo altrove, non ha fatto alcun cenno.

Io e mia madre chiediamo verità e giustizia» ha detto ieri Daniele Maiorano, il fratello di Ilaria che era presente con la mamma in tribunale, tutelati come parte civile dall’avvocato Enrico Ciaffardini. Che si limita a dire: «siamo solo all’inizio, è un percorso tutto da scrivere». In effetti ieri sono state solo depositate le liste dei testi e registrate le prove che dovranno essere approvate dal giudice, che ha rinviato l’udienza al 19 gennaio prossimo. A testimoniare potrebbero essere anche le assistenti delle figlie di Tarik e Ilaria, la più grande compirà 9 anni proprio in settimana, la più piccola deve farne ancora 7. Stando alle loro ricostruzioni dell’equipe che si sta prendendo cura di loro da oltre un anno, le bimbe avrebbero assistito alle violenze e anche alla morte della mamma quella mattina di ottobre.

L’avvocato Domenico Biasco, che difende Tarik, tuttavia rimarca: «E’ un processo che ha bisogno di accertamenti approfonditi che non sono solo quelli investigativi ma quelli fatti in un contradditorio vero tra le parti, chiarendo le posizioni, cosa che mi auguravo sin dall’inizio per dare i giusti contorni alla vicenda, anche in relazione al capo d’imputazione, che è gravissimo, perché prevede l’ergastolo».

Biasco assicura: «avremo modo di chiarire nel processo, che peraltro non sarà lunghissimo, quali siano state le dinamiche per cui si è arrivati a formulare questo capo d’imputazione». Torna poi a criticare «il ritardo con cui c’è stata comunicata la prova regina di questo processo, cioè l’autopsia, pregiudicando la difesa». In merito al suo assistito riferisce che «ha un’unica preoccupazione, la sorte delle bimbe, non le ha viste più. Anche nonni e bambine, che non hanno responsabilità in ordine ai fatti, non si vedono da oltre un anno, è grave, oltre al fatto che è venuta a mancare una persona, per cause accidentali o dolore, lo accerterà il processo».

L’avvocato Cristina Perozzi dell’associazione “Il Giardino segreto”, che tutela gli orfani di vittime di femminicidio ed è parte civile, spiega: «Siamo tutti concentrati sul supremo interesse delle minori coinvolte, siamo concordemente allineati sulla tutela delle due bimbe, hanno vissuto un trauma sul quale non posso esprimermi, non è materia sulla quale riteniamo si debba concentrare l’attenzione mediatica». Da qui la richiesta di udienza a porte chiuse: «Vedremo -dice- come procede di volta in volta il presidente della Corte, a seconda del tipo di prova che deve essere assunta».

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