In pausa dal lavoro per far crescere i figli
I giudici: ha diritto al premio di anzianità

In pausa dal lavoro per far crescere i figli I giudici: ha diritto al premio di anzianità
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Mercoledì 31 Ottobre 2018, 05:10
ANCONA - Giunge al traguardo dei trent’anni di servizio come dipendente del Banco di Roma (confluito nel gruppo Unicredit Spa) e chiede, come prevedono gli accordi interni all’azienda, un benefit pecuniario del valore di circa 6 mila euro. Il bonifico con il premio d’anzianità rimane però un sogno. «Gli anni di servizio sono 29, perché è stato chiesto un anno di aspettativa per la maternità facoltativa: sei mesi per ogni figlio», si sente rispondere nel 2010 la dipendente, un’anconetana di 59 anni, come giustificazione al diniego della ricompensa maturata.

 

L’impiegata fa ricorso al giudice civile per vedersi riconosciuto quanto le spetta. Vince il primo round contro la banca. Vince anche l’appello e poi anche la Cassazione le dà ragione, respingendo definitivamente il ricorso presentato dalla banca per la quale lavorava: quel premio fedeltà era legittimo. Ora, a circa otto anni dall’inizio delle battaglie legali, la società che aveva assunto la donna deve pagare il conto. La sentenza dei giudici della Corte Suprema, la cui motivazioni sono state rese note solo pochi giorni fa, richiama il principio di non discriminazione, con particolare riferimento all’equiparazione integrale dei periodi di congedo per maternità facoltativo e allattamento alle ore effettivamente lavorate. 

«Deve ritenersi come l’interpretazione adottata dalla Corte – si legge nella sentenza -, nel senso di includere nel servizio effettivo i periodi di congedo facoltativo, sia la sola compatibile con il principio di non discriminazione e come tale atta ad evitare la nullità delle clausole contrattuali». 

Dunque, ottenere un congedo non significa sospendere eventuali conquiste maturate dai dipendenti nei mesi in cui l’attività lavorativa è stata materialmente sospesa. Le due aspettative chieste dalla donna (nel 1991 e nel 1993) erano state invece giudicate dall’azienda non computabili ai fini del servizio effettivo. Quindi, non conteggiabili dal punto di vista degli anni di anzianità. La battaglia dell’anconetana, ora in esodo, è stata portata avanti dall’avvocato Renato Cola, legale della SAB FABI (Federazione Autonoma Bancari Italiani). La sentenza della Cassazione sancisce la sessantesima vittoria nelle cause di lavoro per il sindacato. «Di fatto è una doppia vittoria – ha affermato la FABI in una nota -. Alla lavoratrice era stato negato il premio, e il diniego era stato motivato facendo leva su due periodi di aspettativa facoltativa che, a giudizio della banca, avrebbero sospeso la maturazione dell’anzianità. Di qui il ricorso contro il gruppo creditizio». «Questa sentenza è la nostra vittoria più importante – ha detto il coordinatore FABI Ancona - perché, andando fuori dalla categoria, tutela la maternità e tutte le donne d’Italia». 
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