Ancona, alle 22 scatta la serrata. Gli operatori: «Stare aperti? Sì, ma portate gente in centro»

Ancona, alle 22 scatta la serrata. Gli operatori: «Stare aperti? Sì, ma portate gente in centro»
Ancona, alle 22 scatta la serrata. Gli operatori: «Stare aperti? Sì, ma portate gente in centro»
di Andrea Maccarone
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Mercoledì 12 Luglio 2023, 01:35 - Ultimo aggiornamento: 13:07

ANCONA - Costi del personale troppo alti per i turni extra large. Di contro una platea, invece, troppo ristretta per giustificare investimenti in più. Risultato: dopo le 22 in pieno centro si rischia di non cenare. Condizione che in un capoluogo di regione è inammissibile. Ma, del resto se, come dicono gli operatori, si sta aperti come di notte a Gotham City, tanto vale abbassare le serrande. Le cause? Una sfilza. Sul podio: «I costi di gestione non giustificano l’impresa» esordisce Paolo Palpacelli, titolare del Plaza Portonovo. «Mancano gli eventi di richiamo» fa eco Giordano Andreatini, gestore della trattoria Clarice. «Gli anconetani si spostano nelle città limitrofe, ormai più attrattive» sentenzia Gianni Nicolini, titolare del ristorante Amarcord.


«Invertire la rotta» 


L’atteggiamento dei ristoratori, però, è tutt’altro che disfattista.

Infatti si dicono disposti a rivedere la policy interna. Ma a patto che sopra di loro ci sia «una cabina di regia che porti movimento in città dopo le 22,30 e che coordini il tutto anche sul piano dell’attrattività turistica» spiega Palpacelli. Nel senso: a ognuno le proprie competenze. Il ristoratore deve fare il ristoratore. Alle istituzioni il compito di mettere in campo strategie e convenzioni con i referenti di settore per rianimare la città. «Serve un ambiente che dia la possibilità di ricreare un tessuto dinamico - continua Palpacelli -. Un denso programma teatrale, cinematrografico, culturale. Innesti di vario genere che comunque porti movimento in centro». Altrimenti i fornelli accesi fino a mezzanotte per chi li tengono? «Noi crediamo fermamente che si possa invertire la rotta dell’esodo degli anconetani - riprende Nicolini -, perché il problema degli ultimi anni è stato proprio quello dell’offerta. Un utente che viene da fuori che offerta può trovare ad Ancona? La risposta viene da sé». Intanto che da parte dei ristoratori ci sia una disponibilità e una propensione a fare più di uno sforzo per partecipare alla rinascita del centro storico è una buona notizia. Ma fanno chiaro che alla loro apertura rispetto ad un sacrificio iniziale, debba corrispondere una determinata volontà politica.


I timori 

Giordano Andreatini ricorda i tempi del collega Danilo Tornifoglia, l’amato oste buono di Strabacco. Che teneva la cucina aperta fino a notte inoltrata, perché a ore improponibili si presentavano artisti, viveur, amanti delle ore piccole. «Erano altri tempi - commenta il titolare di Clarice - in centro c’erano eventi, spettacoli. C’erano concerti ri chiamo che sì, potevano anche creare qualche disagio ai residenti, ma la volontà era di andare avanti su quel solco». Ecco qual è il timore degli operatori: «Questa città sembra non voler essere disturbata - specifica Andreatini -, qualsiasi cosa venga proposta all’aperto, viene contestata da qualcuno. E quindi si spegne tutto. Poi c’è chi si lamenta se chiudiamo le cucine alle 22,30? Venissero a vedere cos’è il centro a quell’ora. La risposta è tutta lì». Tutt’intorno c’è come una cintura che cinge il capoluogo, dove, invece, sembra che le catene alle iniziative di intrattenimento siano state spezzate: «Senigallia, Civitanova, Numana, Sirolo - elenca Andreatini - tutta l’estate hanno proposte ogni sera. Normale che gli anconetani si spostino. Non è normale, invece, che il capoluogo debba subire inerme le conseguenze di uno svuotamento. Alla ristorazione non si può chiedere miracoli se di base non c’è nessuna motivazione per giustificare certi sforzi».

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