La sorella di Concetta, uccisa dall'ex: «Violentata e riempita di botte. A furia di insulti non aveva più un nome»

«Mia sorella Concetta violentata a riempita di botte. A furia di insulti non aveva più un nome»
«Mia sorella Concetta violentata a riempita di botte. A furia di insulti non aveva più un nome»
di Federica Serfilippi
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Venerdì 17 Novembre 2023, 04:10 - Ultimo aggiornamento: 12:21

CERRETO D’ESI - «Nell’ultimo anno e mezzo Panariello la chiudeva in camera per costringerla ad avere rapporti. Lei riceveva insulti continui, veniva chiamata “merda”: mia sorella non aveva più il suo nome». E poi le botte, continue: «Dopo le minacce e le percosse, trovava rifugio a casa mia e ci rimaneva anche per un mese intero. Ha deciso di denunciare lo scorso marzo, quando ha visto picchiare anche la figlia». Sono i frammenti della testimonianza resa ieri in aula da Raffaela Marruocco, sorella di Concetta, l’infermiera di 53 anni massacrata la notte del 14 ottobre dal marito, Franco Panariello, con 39 coltellate. 

 
La richiesta


L’operaio 55enne, parallelamente al procedimento per omicidio aggravato (ancora in fase di indagine), sta affrontando il processo per maltrattamenti nei confronti della moglie e della figlia 16enne. Quest’ultima, presente in casa la notte del delitto, aveva chiesto di poter entrare in aula. Istanza rigettata dal collegio penale, essendo ancora minorenne. Evitato il faccia a faccia con il padre, difeso dall’avvocato Ruggero Benvenuto e scortato in aula dal carcere di Montacuto, dove è recluso dal giorno della violenza esplosa in via don Pietro Ciccolini. 
La sorella di Titti ha raccontato dell’episodio che aveva spinto la sorella a sporgere denuncia contro il marito dopo anni di vessazioni.

Era lo scorso 28 febbraio.

«Quel giorno Concetta e sua figlia stavano male per la bronchite. Per andare in farmacia avevano atteso il ritorno a casa di Panariello, che avrebbe dovuto comprare delle gocce auricolari per la figlia. Si era rifiutato, dicendo che non avrebbe mai tirato fuori i soldi, che si era meritata di star male perché uscita senza la giacca». Madre e figlia erano così dovute uscire, fermandosi poi da Raffaela. Al rientro a casa sua «mia sorella è stata aggredita, spinta contro l’armadio. Mia nipote si è messa in mezzo per difenderla, ma ha ricevuto un calcio dal padre. È stato suo fratello a portarla via e chiuderla assieme alla madre in camera». Il giorno dopo l’infermiera aveva sporto denuncia ai carabinieri, venendo collocata insieme alla 16enne in una struttura protetta. 


Gli abusi


«Ho visto spesso - ancora la testimone - le ecchimosi sul corpo di mia sorella. Panariello beveva, spendeva tutto il suo stipendio al bar, in alcol e sigarette. Era Concetta che doveva far campare la famiglia, con 20 euro al giorno. E guai se faceva la spesa e non tornava con il vino. Un giorno è stata minacciata con una bottiglia vuota, dalla paura era fuggita di casa, arrivando fino a Matelica». A volte, l’imputato l’avrebbe «costretta a dormire in camper». I rapporti con la figlia? «Pessimi. Diceva che era una vergogna: meglio prendersi una coltellata che avere una figlia come lei. Se fosse stata amica di un musulmano, sarebbe morta». Nel 2008 l’infermiera sarebbe stata anche «costretta ad abortire». Il processo è stato rinviato al 7 dicembre. 

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