Già libero il pusher che lasciò morire Maddalena Urbani, figlia del medico eroe che isolò la Sars

Non più omicidio volontario ma colposo: pena ridotta da 14 anni a 4 e mezzo Tre anni a un’amica della vittima che era in casa: allarme con 15 ore di ritardo

Già libero il pusher che lasciò morire Maddalena Urbani, figlia del medico eroe che isolò la Sars
Già libero il pusher che lasciò morire Maddalena Urbani, figlia del medico eroe che isolò la Sars
di Federica Pozzi
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Mercoledì 12 Luglio 2023, 02:25 - Ultimo aggiornamento: 12:58

ROMA - Torna in libertà Abdulaziz Rajab, il pusher siriano accusato in primo grado di omicidio volontario per la morte di Maddalena Urbani, la figlia 21enne del medico Carlo Urbani, il medico eroe di Castelplanio che per primo isolò il virus della Sars. La ragazza è deceduta per un’overdose di droghe e farmaci il 27 marzo 2021, in casa del pusher, in zona Cassia, a Roma, dopo 15 ore di agonia. Ieri la corte d’Assise di Appello ha ribaltato la sentenza, riqualificando in omicidio colposo il reato contestato allo spacciatore e a un’amica di Maddalena, inizialmente accusata di favoreggiamento. 


Il ribaltone 


Una decisione che ha comportato una drastica riduzione di pena per Rajab: da 14 anni disposti in primo grado - quando era accusato di omicidio volontario con dolo eventuale -, si è passati a 4 anni e 6 mesi.

Per l’altra imputata, Kaoula El Haouzi, invece, sono stati disposti 3 anni di carcere, dopo i 2 inflitti in primo grado. La giovane era infatti accusata di omissione di soccorso, mentre adesso risponde di omicidio colposo. Gli imputati dovranno risarcire in totale 130mila euro alle parti civili: 80mila alla madre della vittima e 50mila al fratello. 


La ricostruzione 


Maddalena era arrivata a Roma da Perugia, città dove viveva, accompagnata dall’amica El Haouzi. Il corpo privo di vita della 21enne era stato trovato nell’appartamento in via Cassia, dove abitava l’imputato, 64 anni: era ai domiciliari per spaccio. In casa erano state trovate dosi di eroina, metadone e un mix di psicofarmaci. Maddy, a causa delle sostanze assunte, si era sentita male e aveva perso conoscenza. I giudici di primo grado avevano sottolineato nelle motivazioni della sentenza che «per motivi inaccettabili, esclusivamente egoistici», l’uomo aveva evitato l’intervento dell’ambulanza: temeva di finire in carcere.

E ancora: «L’imputato si è preso cura della giovane in maniera assolutamente inadeguata, rivolgendo la richiesta di intervento non al 118, ma a due amici con i quali condivideva l’esperienza tossicomanica». A raccontarlo, uno dei due giovani intervenuti: «Ricordo di averla distesa sul letto e di averle praticato il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca. La ragazza si riprese, di fatto l’ho fatta resuscitare».

Il testimone aveva aggiunto: «Dopo che la ragazza si è ripresa ho consigliato a Rajab di allertare il 118, ma il giorno dopo ho sentito dai notiziari quello che era successo». I giudici avevano sottolineato che «una telefonata tempestiva al 118» sarebbe stata «sufficiente a salvare la vita di Maddalena». Sul comportamento dell’amica, nelle motivazioni della sentenza di primo grado si leggeva che anche su di lei «gravava l’obbligo di attivarsi e far intervenire gli operatori sanitari, considerate le allarmanti condizioni» della 21enne.

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