Allarme Conerobus, gli stipendi sono a rischio: «L’ossigeno è finito»

Allarme Conerobus, gli stipendi sono a rischio: «L’ossigeno è finito»
Allarme Conerobus, gli stipendi sono a rischio: «L’ossigeno è finito»
di Andrea Maccarone
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Martedì 27 Giugno 2023, 02:15 - Ultimo aggiornamento: 13:55

ANCONA  - A rischio gli stipendi dei dipendenti di Conerobus da fine estate. Le risorse messe a disposizione dal Comune di Ancona, per mezzo di una delibera redatta tra marzo e aprile dalla giunta Mancinelli e approvata poi in consiglio comunale, stanno per terminare. L’iniezione di liquidità, predisposta proprio per mettere in sicurezza le mensilità dei 470 lavoratori della municipalizzata, ammontava a 2,5 milioni di euro. L’anticipo effettuato dalla precedente amministrazione comunale è servita a dare un po’ di ossigeno all’azienda che versa in condizioni economiche disastrose. Ma ora la riserva starebbe per esaurirsi. 


L’allarme


«Intorno a settembre quella somma sarà terminata - afferma con una certa apprensione Valeria Talevi, segretaria generale Filt Cgil Ancona e Marche -, serve pensare subito come reperire nuove risorse».

Una corsa contro il tempo, quindi, per scongiurare l’ipotesi nefasta. Il sindaco Daniele Silvetti, proprio ieri a colloquio con i referenti delle sigle sindacali del settore, ha assicurato di voler trovare una soluzione. «Occorre ricapitalizzare» insiste Talevi. Ma prima Silvetti vuole vederci chiaro sui conti in rosso di Conerobus. «Apprezziamo il fatto che il sindaco abbia accolto la nostra istanza confermando che, in caso di necessità, opererà una nuova iniezione di liquidità per garantire gli stipendi - spiega Augusto Serrani, segretario regionale Fit Cisl -, ma ci ha anche detto che prima vorrà esaminare il piano industriale».

«Abbiamo chiesto che venga presa in mano la situazione per dare risposte tempestive e contingenti» afferma Ilaria Corinaldesi della segreteria regionale di Uil Trasporti Marche. I rappresentanti delle forze sindacali si sono espressi senza mezzi termini nei confronti del rapporto ormai sfilacciato tra l’azienda e i dipendenti. «Si è proprio logorato - ribadisce Serrani - e si dovrà lavorare tantissimo per recuperare tutto ciò che si è rovinato in questi anni». Dunque le premesse per un prosieguo delle relazioni tra il management e i dipendenti non è proprio dei migliori. Ricucire un strappo che è andato ad aggravarsi nel corso del tempo sarà un’impresa colossale. Tanto che già nei giorni scorsi gli stessi referenti sindacali avevano chiesto senza mezzi termini le dimissioni del presidente Muzio Papaveri. E ieri mattina, durante l’incontro con il sindaco Daniele Silvetti, il concetto è stato ampiamente ribadito. 


Il cambio di passo 


«Il cda dovrà fare un passo indietro - sentenzia Serrani -, questa è l’opinione di tutti noi, emersa durante l’incontro con Silvetti». «Abbiamo sempre denunciato la nostra distanza rispetto a certe scelte fatte dal management - incalza Talevi - si sarebbe potuto risparmiare soldi dalle varie voci per dare di più ai lavoratori». La Rsu ha espresso una chiara e netta difficoltà nei confronti dell’attuale direzione. «Indubbiamente c’è la necessità di rivedere lo staff» afferma Luca Polenta, segretario Filt Cgil Marche. Posizione quanto mai esplicita da parte dei sindacati che al momento vedono come primo ostacolo da superare quello del reperimento di ulteriori risorse per salvare i compensi dei lavoratori. Il lordo annuale totale dell’azienda ammonta a 18 milioni e 500mila euro per tutti i 470 dipendenti. Mentre il dirigente (Papaveri) ha un annuale lordo aziendale di 95mila euro, e l’annuale lordo aziendale dei 10 quadri è complessivamente di 495mila euro.


I conti 


Quattro milioni e mezzo di euro è il disavanzo certificato per quanto riguarda il bilancio del 2022. Mentre 22,8 milioni di euro è il debito accumulato fino al 2021, anno in cui l’azienda ha sostenuto 34 milioni di euro di costi d’esercizio. Vero è che sul bilancio di Conerobus degli ultimi tre anni ha pesato sicuramente il Covid e il caro carburante, sebbene le altre aziende di tpl regionali non versano nelle stesse condizioni. Nello specifico il rincaro dei carburanti ha generato un extracosto di 3 milioni di euro per quanto riguarda il metano e 600mila euro di gasolio. Voci che hanno inciso sulla gestione dell’azienda, ma che da sole non avrebbero potuto metterla sull’orlo del baratro.

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