ANCONA Un vocale nel cuore della notte su Whatsapp, poi i messaggi. Continui e martellanti: «Paga o ti scredito con la procura». Sarebbe stato questo il ritornello della tentata estorsione subita all’inizio del 2021 dal dottor Luca Russo, esperto informatico e consulente da oltre 20 anni di varie procure italiane e, principalmente, di quella di Ancona. La rete del ricatto, stando alla denuncia di Russo, era stata tessuta da un suo collega 50enne residente nel Pesarese, arrivato a chiedergli sulla chat di Whatsapp fino a 15mila euro.
La pena
Quel collega (lavora principalmente in un bacino diverso da quello di Russo) è finito lunedì mattina davanti al gup Francesca De Palma per rispondere del reato di tentata estorsione: ha patteggiato otto mesi di reclusione, pena sospesa.
Risacrcimento a "Save the children"
I fatti prendono in considerazione un lasso di tempo molto breve, tra gennaio e febbraio 2021. Tra i due colleghi c’era un rapporto professionale, di cordialità e collaborazione. A un certo punto, l’equilibro sarebbe stato rotto dal 50enne, probabilmente - questa la spiegazione dalla vittima - perché mosso da un rancore per questioni di lavoro. Tradotto: avrebbe visto Russo come un suo concorrente. L’inizio del ricatto contestato aveva coinciso con un messaggio vocale inviato nel cuore della notte a Russo. «Una doccia fredda» ricorda l’esperto informatico. «Mi disse che era venuto a conoscenza anni fa di una mia situazione “scomoda” che avrebbe taciuto, a patto che gli avessi dato dei soldi». La situazione considerata scomoda avrebbe fatto riferimento alla bozza di un libro (mai pubblicato dall’autore) contro la magistratura, dove veniva citato il ruolo di testimone di Russo in un vecchio processo tenutosi in Sicilia. Il 50enne avrebbe minacciato di inviare tale testo al procuratore generale delle Marche e al procuratore capo di Ancona se non avesse ricevuto i soldi. La massima cifra richiesta: circa 15mila euro. Russo, ovviamente, non ha mai pagato. E il testo in Pdf, che non metteva certo in imbarazzo Russo, è finito nel pc del procuratore capo.
Il testo
«Non ero assolutamente preoccupato di quel testo, non ho mai avuto scheletri nell’armadio» sottolinea oggi Russo. Sull’intera vicenda che lo ha coinvolto: «Spesso le persone guardano al successo professionale di un uomo senza valutarne i sacrifici. Per me non ci sono concorrenti, ma solo colleghi. È stato un periodo difficile, ma ho accettato le scuse che mi sono state porte. Ringrazio i carabinieri e la procura per il lavoro svolto». Capitolo chiuso.