Nella trincea delle emergenze con la responsabile Susanna Contucci: ​«Che serve al pronto soccorso? Un medico in più per la notte»

Nella trincea delle emergenze con la responsabile Susanna Contucci: «Che serve al pronto soccorso? Un medico in più per la notte»
Nella trincea delle emergenze con la responsabile Susanna Contucci: ​«Che serve al pronto soccorso? Un medico in più per la notte»
di Maria Cristina Benedetti
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Domenica 14 Gennaio 2024, 03:35 - Ultimo aggiornamento: 12:16

Il pronto soccorso al tempo di Covid e influenza, insieme. Una combinazione fatale che a Torrette fa saltare equilibri già precari. Susanna Contucci mette in sequenza le coordinate d’una curva, fino a farne un grafico: «A dicembre abbiamo vissuto un momento davvero brutto». La primaria del punto di prima emergenza incide a fuoco la traccia finale: «L’incremento è stato importante. Al limite».

Le cifre?

«Il 27 dicembre il flusso è stato di 205 passaggi complessivi, quando la media si assesta su 140».

Scorpori i dati.

«Il mese scorso sono passati di qui 130 pazienti positivi al Sars Cov2, molti dei quali rimanevano per essere trattati con la terapia antivirale.

A novembre ne abbiamo contati 110».

Proceda di comparazione.

«A giugno sono stati 15 in tutto».

Ora indichi il picco.

«È stato registrato nei venti giorni delle festività natalizie. La notte tra il 4 e 5 gennaio è stato necessario richiamare dalle ferie un terzo medico».

Resetti il bollettino del suo reparto.

«In questo momento (ieri, ndr) ho 12, 13 persone ferme in attesa d’un letto. L’urgenza adesso è sul fronte dell’influenza, che è come il Covid, ma con tampone negativo: febbre, tosse, insufficienza respiratoria. Per gli anziani e per i soggetti con patologie croniche spesso è necessario il ricovero».

La costante: il pronto soccorso è sempre sotto scacco?

«No. È il sistema-sanità ad avere problemi e anche grandi. Noi offriamo la massima disponibilità a ogni ora del giorno e della notte, tutto l’anno, per qualsiasi problema sanitario e sociale».

Quindi?

«Innanzitutto è cambiata la percezione che si ha della nostra struttura: ci considerano un ambulatorio, un sistema per accorciare le liste d’attesa, un luogo che sopperisce alle carenze della medicina territoriale. Mi concede un esempio?».

Certo.

«Non si sfugge: il lunedì, il venerdì, nei pre e post-festivi e in alcune ore del giorno, in quelle centrali, gli accessi sono più numerosi».

Le inevitabili conseguenze?

«Il sovraccaricarlo, senza un filtro all’ingresso, sottrae forze per le vere criticità. La popolazione va informata».

Come?

«Bisogna far comprendere che il boarding, ovvero la situazione di pazienti fermi in attesa di ricovero, distoglie medici e infermieri dalla loro vera mission di accoglienza di nuovi assistiti, stabilizzazione e cure».

Quale sono le patologie da corsia preferenziale?

«Quelle tempo-dipendenti, per le quali il Dea di II livello della Regione, in cui operiamo noi, unici nelle Marche, deve dare risposte».

Tradotto?

«Il politrauma, la seconda fase del trattamento dell’ictus ove indicato, la patologia aortica acuta».

La soluzione che auspica?

«La deve prospettare la politica. Comunque occorre lavorare per organizzare l’aiuto per quegli utenti che assorbono gran parte delle nostre potenzialità in altri setting,: cure intermedie, post acuzie, sostegno domiciliare, case di riposo».

Mai senza chi?

«Il medico di base: resta essenziale, ma con organizzazione e risorse diverse».

La trama si scompone. Dove?

«La popolazione invecchia, le patologie si cronicizzano sempre più, il sistema familiare s’inaridisce, la povertà culturale ed economica si accompagna a un calo di salute, in un sistema che negli ultimi vent’anni ha perso punti, progressivamente. La riduzione dei posti letto ne è l’immagine plastica».

Torniamo ai suoi numeri, alla sua squadra di medici.

«Siamo 19 a tempo indeterminato; di questi cinque sono garantiti dai Decreti Calabria, ovvero sono specializzandi all’ultimo e penultimo anno di specialità, impegnati 30 ore a settimana anziché 38».

Chi copre il tempo mancante?

«Dodici specializzandi, con il Decreto Bollette: possono fare massimo otto ore ogni sette giorni. Tutto questo grazie all’impegno dell’Università, della direzione generale e dell’ufficio personale: ottimizzano e consentono l’uso di tutte le professionalità disponibili».

Un vanto?

«Non abbiamo mai avuto "gettonisti” di cooperative. Essendo una grande realtà, siamo più attrattivi per i giovani in carriera».

Offra una ricognizione degli infermieri.

«Sono sessanta, una ventina a tempo determinato, 12 operatori socio-sanitari e altrettanti ausiliari».

Una necessità?

«Un camice bianco in più per la notte. Tra turni e ferie, per ottenerlo ne occorrerebbero altri sei da inserire in pianta organica. La nostra è ferma al 2004».

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