«Saranno 28 i posti per il Covid senza trascurare l’altra sanità»

L'ospedale di Torrette
L'ospedale di Torrette
di Maria Cristina Benedetti
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Sabato 10 Ottobre 2020, 05:05 - Ultimo aggiornamento: 8 Marzo, 08:49

ANCONA -  Il tempo di mezzo nella cittadella sanitaria di Torrette non è mai silente. Soprattutto non dimentica quello andato, quando al culmine della pandemia erano 47 i pazienti ricoverati in terapia intensiva, 90 quelli in sub-intensiva, 190 coloro per i quali è stato sufficiente un ricovero ordinario. Come scordare il buio della trincea.

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Erano i giorni tra il 27 e 28 marzo quando in un soffio si passò da 14 a 47 posti di rianimazione, quando in corsia parevano tutte farfalle costrette negli scafandri e in turni massacranti. 

«Era un ospedale stravolto». Ai pani alti della palazzina con vista sul pronto soccorso Michele Caporossi ripassa veloce le tappe di un calvario che ha livellato il pianeta. Il direttore generale degli Ospedali Riuniti guarda oltre il finestrone, riscaldato dal sole, di un’ampia e razionale sala riunione. «A fine maggio eravamo tornati a essere Covid-free». Un traguardo che ha retto solo fino ad agosto. Poi, la rotta è tornata a invertirsi. «Oggi abbiamo due pazienti positivi in terapia intensiva, undici ricoverati, tra Clinica e Divisione, a Malattie infettive. Una donna è stata dimessa giovedì dal Salesi». Mette in fila le cifre che fanno di nuovo paura, Caporossi, ma senza sconfinare nel terreno sterile del panico. Mai, perché nella cittadella sanitaria di Torrette il tempo di mezzo non è silente. «Entro un mese e mezzo saranno 28 i posti di terapia intensiva che saranno dedicati al Covid in caso di necessità; 18 saranno a disposizione già da lunedì». 

Dev’essere che nella mente del dg risuonano ancora le parole pronunciate appena un’ora prima dal nuovo governatore delle Marche Francesco Acquaroli. «Dobbiamo fare squadra, sarà un autunno difficile», incita così la platea riunita nella sala Totti, a meno uno del corpo centrale dell’ospedale, per la presentazione del servizio di elisoccorso notturno. «Non bisogna fare allarmismi - è il suo principio - ma andiamo verso l’allerta: significa dire a tutti che ci sono comportamenti da temere per limitare o tenere sotto controllo i contagi, proprio per evitare altre chiusure che sarebbero devastanti per il nostro sistema economico e sociale».

La sintesi: «Bisogna mettere in campo tutte le politiche per scongiurare l’emergenza».

Ribadisce: «Tutte». Arturo Pasqualucci, alle sue prima battute pubbliche da direttore sanitario, non si lascia sfuggire il passaggio. Che converte in occasione, in utile informazione. «Sono in media un migliaio i tamponi processati ogni giorno qui all’ospedale di Torrette. Giorni fa abbiamo sfondato quota 1.300». Arrivano dall’Area vasta 2, Ancona e dintorni, e ora anche dalla 3, perché a Macerata sono a corto di reagenti. Pasqualucci riprende il filo: «Sessanta sono quelli eseguiti quotidianamente nel camper-Covid sistemato nel parcheggio dell’ospedale: sono riservati a coloro che dovranno essere operati oppure visitati nella nostra struttura».

Qui torna Caporossi, che sfrutta la scia delle cifre per definire il nuovo campo d’azione: «È un modello a tendere il nostro». Il leader di Torrette non dimentica il tempo andato, piuttosto lo mette a frutto per scongiurare che la storia si ripeta. «In tre mesi abbiamo perso 4.500 interventi chirurgici su una consuetudine di 9.000, il 50%». Subito tenta di rimettersi in carreggiata: «Ne abbiamo recuperato solo una parte, un 50%, circa 2.200». Il metodo adottato per non arrendersi ai colpi bassi del virus è semplice: «Tempi dilatati e prescrizioni aggiuntive retribuite a parte», sono i dettagli il direttore generale. Che si affida a un bilancio parziale: «Con Tac e risonanze siamo alla pari, per le visite siamo ancora al -35% dell’attività. Le disposizioni anti-pandemia non ci permettono di fare di più». Riflette a voce alta: «Non possiamo permetterci di tornare a essere un Covid-hospital». Sarebbe un bis insopportabile per un polo d’eccellenza che è riferimento regionale. 

«No - insiste Caporossi - Nel periodo pre-Covid per il nostro ospedale passavano 6.500 persone. Nessun luogo delle Marche era tanto battuto. Ora è il 30% in meno, non più di 4.000». Nella mente riaffiorano le parole di Acquaroli. «Ci ha chiesto di offrire massima collaborazione sul fonte dei tamponi». Pasqualucci aggancia Caporossi e gioca d’anticipo. «Si sta valutando l’ipotesi di produrre in know-house i kit». Tradotto: i reagenti presto potranno essere made Ospedali Riuniti. È così che si sfrutta il tempo di mezzo.

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