Gentile avvocatessa, nonché ex sindaca, Valeria Mancinelli, noto con stupore che a distanza di oltre 24 ore nel suo profilo ancora campeggiano (a corredo di un post che ha scritto in merito a un articolo comparso sul Corriere Adriatico sulla vicenda dei portici di piazza Cavour) numerosi commenti che traboccano insulti e offese nei confronti del nostro giornale e di chi ci lavora. Ne vuole una rapida rassegna? Articolo-monnezza, giornale aziendale che fa bello il padrun, giornalisti accattoni, giornale imbarazzante, bugiardo' (un sempreverde...), soldi buttati, giornalai che continuano a buttare fango, pubblicano solo notizie inutili e prive di fondamento. Il fatto che quelle parole siano ancora lì, a distanza di un giorno, senza che lei le abbia cancellate o ne abbia preso le distanze, vuol dire che le condivide o quanto meno non le disapprova. Perché l'obiezione che fanno molti in casi del genere ("Ma non ho tempo di controllare quello che scrivono gli altri sulla mia bacheca...") non vale per un personaggio del suo calibro, con trascorsi addirittura da migliore sindaco del mondo. Se non ha tempo di controllare il fuoco acceso, sarebbe più cauto non appiccarlo.
Sorprende questo atteggiamento tanto più per la sua professione di avvocato (per quanto il processo penale non sia la sua attività prevalente) che la rende perfettamente consapevole della portata diffamatoria di quelle espressioni usate dalla sua affezionata schiera di tigrotti da scrivania (o da smartphone) dall'insulto compulsivo. Un giornalista è sicuramente soggetto al diritto di critica del lettore, che può non condividere i contenuti di un articolo, disapprovarlo apertamente, criticare errori od omissioni.
Sorvolo - perché lei sicuramente ne saprà molto più di me - sulla giurisprudenza che si è formata ormai da anni in tema di responsabilità dei titolari di account social o siti Internet per i post ingiuriosi di terze persone, qualora questi non siano adeguatamente filtrati. Basta andare su un motore di ricerca per trovare estratti di sentenze della Cassazione sulla possibilità di rispondere di concorso in diffamazione aggravata, insieme all'autore dei commenti, anche per il gestore del blog o dell’account social che alimenta il dibattito sulla propria pagina e non cancella i post offensivi, né prende le distanze dai messaggi ingiuriosi continuando a mantenerli fruibili. L'inerzia viene equiparata ad una consapevole condivisione del contenuto lesivo della reputazione. Ma magari lei è d'accordo con i suoi tigrotti da scrivania, ne condivide i toni. D'altra parte non fu lei, Intervistata in diretta radiofonica nel settembre 2015, a dire (mi auguro scherzando con un'iperbole) “Eliminiamo pure i giornalisti che senza conoscere sparano a zero“?
*caporedattore Corriere Adriatico