SENIGALLIA «Mio padre non avrà mai giustizia». Ne è convinto Franco Cicetti che il 3 maggio 2014 ha perso il padre Aldo, travolto dalla furia del Misa a Borgo Bicchia. All’indomani della notizia del processo, ancora da iniziare, ha perso le speranza di poter sapere di chi siano le colpe dell’alluvione di nove anni fa, soprattutto dei ritardi nei soccorsi. «Io sono dell’idea che andrà a finire così – prosegue – non avremo mai giustizia. Qui nessuno interviene, i tempi si allungano, forse dovremmo farci sentire ma oltre ad essere arrabbiati siamo anche stanchi, ci sentiamo presi in giro perché quello che sta accadendo è una mancanza di rispetto per chi ha perso la vita. Noi familiari continuiamo a roderci il fegato ma a qualcuno interessa come stiamo?». Per la morte di Aldo Cicetti la famiglia non ha ricevuto alcun risarcimento e senza un colpevole rischia di non riceverlo mai. «Non abbiamo mai avuto soldi per la sua morte – dice il figlio - anche se, rispetto al denaro, avremmo preferito averlo ancora qui con noi ma del resto anche dei danni materiali abbiamo ricevuto briciole nel 2014». Intanto l’udienza preliminare si dovrà rifare di nuovo, per la terza volta, perché il reato di inondazione colposa, l’unico rimasto in piedi, è stato contestato con un’eccezione da parte degli avvocati degli otto imputati, tra ex amministratori e dirigenti. Troppo generico come reato e quindi dovrà essere formulato un nuovo capo d’imputazione. Intanto i mesi e gli anni passano.
I timori
«Se tutto andrà in prescrizione come credo – prosegue Franco Cicetti – non significherà che non ci siano stati colpevoli ma che saranno stati bravi gli avvocati a trovare continuamente dei cavilli per far passare il tempo».
Il dramma
Quel maledetto 3 maggio i coniugi Cicetti erano nella loro casa di Borgo Bicchia quando il Misa li ha sorpresi. La moglie è riuscita a mettersi in salvo, il marito si è aggrappato al suo soccorritore ma la forza del fiume l’ha strappato via. Per oltre tre ore avevano atteso che qualcuno andasse a salvarli, immersi nell’acqua che aveva invaso l’abitazione in cui erano rimasti intrappolati. Era stato un cittadino, poi, a liberarli.