Alluvione di Senigallia, ora la parola passa alle difese: «Scarsa comunicazione? Era il finimondo»

Alluvione di Senigallia, ora la parola passa alle difese: «Scarsa comunicazione? Era il finimondo»
Alluvione di Senigallia, ora la parola passa alle difese: «Scarsa comunicazione? Era il finimondo»
di Lorenzo Sconocchini
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Sabato 4 Novembre 2023, 04:10 - Ultimo aggiornamento: 12:14

ANCONA I 14 indagati per l’alluvione del 15 settembre 2022 nella vallata del Misa e del Nevola avranno modo di provare a discolparsi negli interrogatori fissati tra il 13 e il 23 novembre presso il comando dei carabinieri forestali di Ancona. Saranno sentiti dagli ufficiali di polizia giudiziaria che hanno condotto l’indagine (oltre ai forestali dell’Arma, i carabinieri del Nucleo investigativo) raccogliendo in un’informativa di 200 pagine le loro conclusioni, prima che il fascicolo passasse alla procura dell’Aquila, per la presenza di un magistrato di Ancona tra i danneggiati degli straripamenti.


Le indagini 

Il pm Fabio Picuti, esperto in indagini sulle responsabilità umane connesse alle calamità naturali (come quella che portò al processo Grandi Rischi sul mancato allarme del terremoto dell’Aquil) avrebbe potuto inviare gli avvisi di chiusura indagini, ipotizzando a carico di tutti (come fa negli inviti a comparire) il reato di cooperazione in omicidio colposo plurimo.

Ma ha preferito affidare agli indagati – appartenenti ad articolazioni dello Stato: 6 sindaci, 6 funzionari della Protezione civile e 2 dei vigili del fuoco – un’altra chance per chiarire le loro posizioni e ribattere a una ricostruzione della Procura che li vedrebbe responsabili di una serie di omissioni, che avrebbero fatto scattare l’allarme (scattato dalla sala operativa della Protezione civile alle 22) con quasi tre ore di ritardo. Gran parte degli indagati, se non tutti, erano stati già sentiti come testimoni dai carabinieri, che hanno verbalizzato a Sit più di cento persone, tra cui molti sindaci e funzionari della Protezione civile. Ora, assistiti dai loro avvocati, potranno difendersi o avvalersi della facoltà di non rispondere a una o più domande. Ma la loro strategia difensiva si è già delineata nelle dichiarazioni rese a caldo nella giornata di mercoledì, quando si è diffusa la notizia degli avvisi di garanzia. Ai sei sindaci, in particolare a quelli dei comuni più a monte, che per gli investigatori avrebbero dovuto percepire per primi che i fiumi si stavano gonfiando, viene contestato di non aver garantito un «costante aggiornamento del flusso informativo», di non aver verificato la gravità dell’emergenza, anche con il monitoraggio a vista dei punti critici dei fiumi, e di non avere informato tempestivamente la sala unificata della Protezione civile. Esemplare la replica di Dario Perticaroli, primo cittadino di Arcevia: «Sono stato il primo a chiamare la Sala operativa provinciale, la Regione, il sindaco di Senigallia, la protezione civile, gli operai del Comune, i carabinieri e i carabinieri forestali: in mezz’ora ho messo in moto il mondo intero», sfogava la sua amarezza, ricordando che in quelle ore era andata via la corrente e non c’era la linea Internet. «Mancate comunicazioni? Cosa comunicavamo quando già era successo tutto? – si chiede Riccardo Pasqualini, sindaco di Barbara -. Alle 8.15 il torrente Nevola era normale, alle 8.30 si era portato via tutto, chi avvisavo? Dovevamo essere dappertutto per monitorare i luoghi. Noi sindaci ancora non abbiamo i doni dell’ubiquità e della veggenza». Ieri il presidente di Anci Marche Paolo Calcinaro ha espresso «la massima vicinanza» ai sei colleghi sindaci indagati. «E da avvocato - scrive il sindaco di Fermo - aggiungo che l’avviso di garanzia darà modo ai colleghi di illustrare agli inquirenti le modalità nelle quali un sindaco si trova a dover operare in occasione di eventi imprevisti, immediati e imponenti».

Le reazioni

Anche a due funzionari dei vigili del fuoco si rimprovera di non aver fatto tutto il possibile per garantire “l’immediato e continui scambio delle informazioni”, limitando le segnalazioni alle proprie strutture. «Carenze nello scambio di informazioni? Noi salviamo le persone, non facciamo monitoraggi», è stata la reazione a caldo del comandante provinciale Pierpaolo Patrizietti, che tre settimane fa era stato elogiato pubblicamente a Roma dalla premier Meloni proprio per la gestione dell’emergenza alluvione, in cui i vigili del fuoco riuscirono a salvare decine di persone facendo catene umane nei torrenti in piena o raggiungendo con i gommoni le abitazioni allagate.

L’evento eccezionale

Probabile che i sei funzionari della Protezione civile, se accetteranno di sottoporsi a interrogatorio, riproporranno la versione dell’evento eccezionale e non prevedibile già illustrata nell’immediato post alluvione. Il Centro funzionale multirischi della protezione civile regionale descrisse l’evento del 15 settembre 2022 come «un fenomeno meteo impossibile da prevedere nella sua intensità e sviluppo con le attuali conoscenze disponibili». Caddero 418 millimetri in 7 ore. Un evento, scrisse il Centro funzionale multirischio in un report, «che ha una probabilità di accadimento ogni mille anni». 

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