Nucleare in Italia, come funzionano i mini-reattori (grandi come un container): quelli di quarta generazione bruceranno le scorie

Non si usa uranio nella fusione: bastano quantità limitate di idrogeno per produrre enormi quantità di energia

Nucleare in Italia, come funzionano i mini-reattori (grandi come un container): quelli di quarta generazione bruceranno le scorie
Nucleare in Italia, come funzionano i mini-reattori (grandi come un container): quelli di quarta generazione bruceranno le scorie
di Roberta Amoruso
6 Minuti di Lettura
Venerdì 3 Maggio 2024, 18:37

L’Italia punterà sul nuovo nucleare per sostenere le fonti rinnovabili, dai pannelli fotovoltaici, alle pale eoliche fino ai bacini idroelettrici, nella produzione di energia che guarda alle emissioni zero. Il Piano Nazionale integrato Energia e Clima (Pniec) che il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica consegnerà a Bruxelles entro giugno, ci sarà dunque anche l’atomo, con la fissione prevista con i mini-reattori già intorno al 2030 e l’energia da fusione che arriverà a ridosso del 2050.

 

Ma niente a che fare con le vecchi reattori nucleari chiusi 40 anni fa, oppure con i nuovi più moderni del tipo francese. Per riagganciare in treno di un energia pulita sicura l’Italia si è schierata all’ultimo G7 Clima, ambiente ed energia di Venaria Reale tra quei paesi (tutti tranne la Germania) che puntano a sfruttare i mini-reattori ancora in sperimentazione con una sicurezza intrinseca molto aumentata.

 

I TEMPI

Si tratta dei mini-reattori di terza generazione avanzata, gli Small Modular Reactor (SMR), i cui prototipi partiranno entro 4 anni, ma forse anche prima, e di quelli di quarta generazione, gli “Advanced Modular Reactor” (AMR) attesi dopo il 2030 e più verso il 2040. Questi impianti bene si integrano con una rete elettrica ben sviluppata come quella europea e possono supportare l'ampia diffusione delle rinnovabili che, essendo non programmabili, richiedono il sostegno di una fonte costante. Il nucleare può quindi sostituire, almeno in parte, il gas.

 

Essendo poi di piccola taglia e modulari, i mini-reattori riducono drasticamente i tempi di realizzazione e gli investimenti iniziali. Dunque anche il rischio finanziario è ridotto. La loro caratteristica è che possono essere costruiti in officina, modulo per modulo, per poi essere assemblati nel sito di installazione come dei lego. Posso dunque prodotti anche a mille chilometri di distanza dal sito di installazione. Non serviranno più grandi cantieri con 4.500 persone. E visto che occupano lo spazio di un grande container, non hanno nemmeno bisogno di grandi spazi. Di qui la battuta del ministro Pichetto sull’utilizzo in futuro dell’area di Mirafiori per i primi mini-reattori.

 

GLI SMR

Gli Small Modular Reactor (Smr) sono piccoli e modulari ma ancora raffreddati ad acqua: utilizzano quindi combustibile più classico e già disponibile. Quelli piccoli possono avere una potenza di qualche decina di Megawatt, oltre 10 Megawatt. Un distretto industriale di imprese energivore, per esempio, potrebbe avere bisogno di un impianto da 50 Megawatt. Quelli medi producono invece circa 300 Megawatt.

 

GLI AMR

Gli Advanced Modular Reactor (Amr), definiti di quarta generazione, sono raffreddati a piombo liquido, a sodio liquido o a sali fusi, e possono utilizzare nuovi combustibili per il bruciamento dei rifiuti nucleari. Rappresentano un vero salto tecnologico. Sono reattori che non usano più l’acqua ma il piombo o altri metalli per il raffreddamento. Non posso quindi fare nuvole radioattive. Dunque, in caso di incidente il piombo non evapora come l’acqua in atmosfera. E non è poco insieme alle garanzie di sicurezza previste.

Oltretutto questi mini-reattori di quarta generazione potrebbero utilizzare addirittura come combustibile le scorie delle vecchie centrali. Chiaramente la terza generazione avanzata, gli Smr, sono già in fase avanzata di sviluppo e potrebbero arrivare a metà anni trenta. Mentre i reattori a piombo fuso sono un po’ più indietro nella sperimentazione: Enea sta facendo un progetto di questo tipo sperimentale al Brasimone, al centro di ricerca sull’Appennino tosco-emiliano per costruire un prototipo.

ENERGIA DA FUSIONE

Tutt’altro capitolo è quello della fusione, qualcosa di completamente diverso, di fatto l’opposto della fissione. Nella fissione si prendono nuclei di atomi pesanti, come l’uranio e il plutonio, e si bombardano con neutroni per spaccarli e produrre energia dalla loro frantumazione in atomi più leggeri.

Nella fusione, all’opposto, si prendono gli atomi di idrogeno, in particolare alcuni isotipi degli atomi di idrogeno, e vengono fatti reagire tra di loro e fatti fondere per trasformarli in elio. L’elio è in gas con cui si gonfiano i palloncini, per intenderci, un gas totalmente innocuo.

 

COME FUNZIONA

Questa reazione è la stessa che alimenta tutte le stelle dell’universo. Le stelle brillano perché hanno un enorme massa di idrogeno, come nel caso del sole. E al centro la gravità è così forte da far vincere la repulsione tra un atomo e l’altro. Accade dunque che due atomi di idrogeno fondendosi emettono un atomo di elio e un’enorme quantità di energia. Questa stessa reazione si può riprodurre in condizioni molto complesse, naturalmente. Non avendo però a disposizione una gravità così forte, la reazione di fusione si innesca per riscaldamento degli atomi a decine di milioni di gradi.

Non si usa uranio nella fusione: bastano quantità limitate di idrogeno per produrre enormi quantità di energia. E ancora, non si producono scorie, neutroni veloci che dopo 12 di autosmaltiscono come i rifiuti medicali. La fusione, se funziona, è destinata ad essere una vera rivoluzione: produce energia quasi illimitata. è alimentata da idrogeno che si prende dall’acqua di mare e non produce scorie di lunga durata.

 

I PROGETTI

Sulla fusione finora c’erano in Europa perlopiù progetti pubblici, il principale è il reattore Iter in fase di costruzione in Francia, un reattore a scala reale finora costato 7 miliardi. Dopo che sarà testato nel 2050 si dovrà costruire il reattore dimostrativo che emetterà energia in rete. Enea sta collaborando con il suo prototipo DTT, un piccolo reattore a fusione che stanno costruendo a Frascati e questo dovrà testare un componente dei futuri reattori a fusione, il divertore, uno strumento che riceve questa enorme energia ad altissima temperatura che si genera dalla reazione di fusione e la addomestica a temperature più gestibili sulla terra producendo solo vapore.

A questo programma si sono aggiunte tantissime strat-up private, tra cui quella dell’Eni con il Mit di Boston, che sta sviluppano un reattore privato per testare su scala piccola con tecnologia simile a quella di Iter. Se si lavora in parallelo, pubblico e privato, si fa prima. Il treno a idrogeno sembrava inarrivabile, ora in Germania esiste.

 

LE REGOLE

L’Italia deve però farsi trovare pronta anche con le nuove regole. Quando la tecnologia sarà matura e i primi mini-reattori commerciabili, dovranno essere agli atti anche le regole. Considerando i rischi estremamente ridotti rispetto a quelli dei reattori tradizionali, i nuovi impianti tecnologicamente avanzati dovranno avere un sistema autorizzativo e di localizzazione molto più semplice.

Con i referendum è stata abrogata la parte che riguarda la localizzazioni. Dunque il quadro normativo va completato e al tavolo su questo c’è un pool di tecnici guidati da un giurista esperto come Giovanni Guzzetta.

 

L’ESEMPIO

Un distretto di energivori italiani potrebbero comprare un piccolo reattore da 50 megawatt per autoalimentarsi. L’impianto non solo può fornire energia a lungo termine, quindi con prezzi certi a lungo termine, ma anche fornire calore ad alta temperatura direttamente per il ciclo industriale. Oggi molte imprese utilizzano calore ad alta temperatura per la lavorazione del vetro, dell’acciaio, del cemento e lo producono con il gas.

Sono imprese definite hard-to-abate che hanno grosse difficoltà a decarbonizzarsi perché per loro l’elettrificarle non è possibile. Il più grande vantaggio dunque uò arrivare proprio per loro. Non solo. I mini-reattori possono anche garantire l’energia costante necessaria per produrre idrogeno. Cosa che non possono fare le rinnovabili.

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