Andrea Lardini e il successo in Estremo Oriente: «Iniziò tutto da un orologio, ora ci chiedono l’autografo»

Andrea Lardini e il successo in Estremo Oriente: «Iniziò tutto da un orologio, ora ci chiedono l’autografo»
Andrea Lardini e il successo in Estremo Oriente: «Iniziò tutto da un orologio, ora ci chiedono l’autografo»
di Martina Marinangeli
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Martedì 21 Marzo 2023, 03:40 - Ultimo aggiornamento: 22 Marzo, 15:41

Andrea Lardini, co-fondatore e presidente dell’omonima azienda di moda: lei da tempo lavora con i mercati dell’est asiatico che stanno facendo registrare dati in crescita per il nostro export.

Ci ha visto più lungo degli altri?


«Abbiamo negozi monomarca in Corea del Sud da ormai una decina di anni, con cinque punti vendita, e vendiamo come franchising. Fatturiamo intorno ai 3-4milioni di euro l’anno, quindi un ottimo risultato. Ma siamo molto forti anche in Giappone, che ci porta un fatturato annuo di 10 milioni di euro circa».


Come avete fatto a penetrare questi mercati?
«Conta molto la notorietà del marchio: se è ben conosciuto, ha successo nei mercati dell’est asiatico. Noi andiamo bene perché da tanti anni, sia io che i miei fratelli, ma anche i nostri manager, viviamo questi mondi. Dal Giappone alla Corea del Sud, siamo stati sempre presenti agli eventi. E oggi il marchio Lardini ha una grande notorietà in questi mercati. Faccio un esempio».
Prego.
«Quando andiamo a Tokyo e passeggiamo per la via principale, a mio fratello chiedono l’autografo. Magari non si è profeti in patria, ma in altri paesi si ha molta più notorietà. In Corea e in Giappone siamo molto più forti che in Italia».
Il settore della moda è uno di quelli che tira di più: il made in Marche del fashion fa breccia, dunque. Perché? Cosa lo rende più apprezzato in questi Paesi?
«L’innovazione e la qualità sono i punti di forza delle Marche ed è proprio ciò che cercano questi mercati. La nostra forza manifatturiera è molto importante e va adeguata ai tempi».
Cosa vi ha spinto, all’inizio, a scommettere su mercati come la Corea del sud?
«È iniziato tutto per una coincidenza. Ero in un ristorante di Milano e indossavo un orologio particolare. Si è avvicinato un signore coreano - che poi ho scoperto essere un importante manager di un’azienda di moda di quel Paese - e mi ha chiesto di questo orologio. Abbiamo iniziato a conversare del più e del meno e, da cosa nasce cosa, il fidanzamento dopo anni è diventato un matrimonio ed è iniziato il nostro percorso in Corea». 
Casualità della vita. E questa coincidenza vi ha spalancato il mercato coreano?
«Attraverso di lui abbiamo iniziato a conoscere grandi gruppi di moda della Corea e negli anni ci siamo affermati sul mercato grazie alla qualità del nostro prodotto». 
Il trend positivo che l’export marchigiano ha registrato nel 2022 in questi mercati può trasformarsi in un dato consolidato nei prossimi anni secondo lei?
«Bisogna saper investire con le persone giuste e fare strategie calate su quei territori. E, come dicevo, la notorietà del marchio è importante: anche facendo il prodotto più bello del mondo, se nessuno ti conosce difficilmente riesci a venderlo».
Come avete superato lo tsunami Covid che proprio in quei Paesi ha mosso i primi passi?
«Il Covid è stato come prendere una mattonata in testa.

L’abbiamo superato perché la nostra azienda era sana e capitalizzata, ma non è stato semplice. Ora, per fortuna, abbiamo recuperato e ci prepariamo a superare i fatturati pre Covid».

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