ANCONA In un momento di grave crisi economica, l’Inps aveva negato l’accesso alla cassa integrazione a un’azienda di Camerano specializzata nella produzione di mobili, che si era rivolta al Tar per impugnare il provvedimento di diniego. A distanza di 15 anni, i giudici hanno dato ragione alla ditta. Meglio tardi che mai, verrebbe da dire.
Il danno scongiurato
Per fortuna il potenziale danno “grave e irreparabile” era stato scongiurato subito: il tribunale aveva accolto l’istanza cautelare della ricorrente, intimando l’Inps a riconoscere il beneficio dell’integrazione salariale ordinaria per il periodo richiesto di 13 settimane, dal maggio all’agosto 2009.
La ricostruzione
Era il maggio 2009 quando il mobilificio di Camerano presentò domanda d’accesso alla cassa integrazione, motivata con una «temporanea e imprevedibile contrazione dei carichi di lavoro». Dopo un’articolata indagine, l’Inps respingeva l’istanza, sostenendo che la ditta aveva esternalizzato alcune fasi della lavorazione, appaltandole sin dal 2007 ad una cooperativa che lavorava nello stesso capannone. Per l’ente, l’azienda, anziché mettere in Cig i propri dipendenti, avrebbe potuto ridurre l’apporto lavorativo del personale della cooperativa o disdettare uno o più contratti d’appalto. Circostanza, quest’ultima, contestata dal Tar, secondo cui non è stato dimostrato che i dipendenti della ditta avrebbero potuto eseguire i lavori assegnati alla cooperativa e che i secondi, di fatto, sostituivano i primi. Dunque, per i giudici mancano motivazioni sulla presunta responsabilità dell’azienda nella situazione di crisi in cui si è ritrovata e ritengono che non fosse sufficiente a negare la cassa integrazione il fatto che nella prima settimana erano state svolte prestazioni di lavoro straordinario. Di qui l’accoglimento del ricorso. Dopo 15 anni.