Papa Francesco: «Chi costruisce i muri finirà prigioniero delle sue barriere»

Papa Francesco: «Chi costruisce i muri finirà prigioniero delle sue barriere»
di Franca Giansoldati
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Lunedì 1 Aprile 2019, 08:03
dal nostro inviato
DA BORDO DELL'AEREO PAPALE
«Non capisco perché c'è chi vuol vedere affogare nel Mediterraneo questi migranti, perché non vuole farli entrare nei porti». Di politica italiana il Papa non ne vuole parlare, almeno non direttamente. Francesco si giustifica, dice di non capirci tanto poi però, durante la conferenza stampa in volo, tornando dal Marocco, riprende le distanze dal Congresso di Verona, aggiungendo altri giudizi negativi sulla politica dei sovranisti europei in tema di immigrazione. «Resteranno chiusi nei muri che stanno costruendo».
Mette in guardia dai rischi che ci sono sono. Il Papa però si schiera a favore dei medici obiettori la cui opzione viene contrastata persino negli ospedali cattolici. Cita l'eutanasia ma non l'aborto.

Un ministro italiano ha detto che più che della famiglia bisogna aver paura dell'Islam, lei che in Marocco ha messo un altro tassello al dialogo e alla fratellanza, cosa ne pensa?
«Di politica italiana non capisco. Ieri ho commentato l'incontro sul Family Day ma non so cosa sia. Ho letto quello che ha detto il cardinale Parolin e sono d'accordo».

Che frutti porterà il dialogo con l'Islam?
«Io direi che al momento ci sono fiori, i frutti verranno dopo, ma i fiori intanto sono promettenti. Sono contento perché sia stavolta che nel viaggio precedente, negli Emirati, ho potuto parlare di questo cammino di fraternità con i fratelli musulmani. Un bel fiore di coesistenza. Non dobbiamo mollare. È vero che ci saranno difficoltà. Anche tante. Purtroppo ci sono gruppi intransigenti, integralisti, che seminano la paura. Ci sono in ogni religione, persino tra i cattolici. Gruppi che vivono nei ricordi del passato e non vogliono andare avanti».

La paura è una cattiva consigliera?
«C'è bisogno di costruire ponti. Purtroppo sentiamo con dolore che ci sono persone che preferiscono costruire dei muri. È doloroso. Io penso che coloro che costruiscono muri finiranno prigionieri delle barriere, che elevano. Chi costruisce i ponti andrà avanti. I muri definiscono un isolamento. Ma noi andiamo avanti».

Cosa ne pensa di quei paesi musulmani dove chi si converte rischia la prigione o la morte?
«Nel Paese che abbiamo appena visitato c'è libertà religiosa. La libertà è qualcosa che cresce e matura con la consapevolezza. Noi cristiani, per esempio, dobbiamo chiederci come era da noi 300 anni fa, dove si bruciavano gli eretici. Anche nella Chiesa è cresciuta col tempo la coscienza morale, il rispetto della persona. Anche noi dobbiamo continuare a crescere se si pensa che ci sono ancora cattolici che non riconoscono il Vaticano II. Vorrei però aggiungere una cosa. Sull'arretramento di noi cristiani quando togliamo la libertà di coscienza».

Ha qualche esempio in particolare?
«Penso ai medici e alle istituzioni ospedaliere cristiane che non hanno il diritto alla obiezione di coscienza, per esempio sulla eutanasia. Mi sono sentito dire: voi Paesi cristiani andate indietro. Noi cristiani abbiamo il pericolo che alcuni governi ci tolgano la libertà di coscienza, che è il primo passo sulla libertà di culto. Non è facile la risposta ma non accusiamo i musulmani, accusiamo anche noi in questi Paesi dove succede questo. C'è da vergognarsi».

Cosa si sente di dire a quei politici, per esempio Trump, che vogliono chiudere le frontiere o chiudere i porti ai migranti?
«I costruttori di muri sia di mattoni che di filo spinato resteranno prigionieri di quello che stanno costruendo. Ho visto un filmato recentemente e ho pianto. Come si fa a provocare tanto dolore e tanta crudeltà. Non capisco perché c'è chi vuol vedere affogare nel Mediterraneo questi migranti, perché non vuole farli entrare nei porti. Questo non è un modo per risolvere il problema grave delle migrazioni. Io capisco che i governi si trovano tra le mani una patata bollente ma lo devono risolvere senza ricorrere a tutti questi muri, questo filo spinato. Ho anche visto un filmato sulle torture di rifugiati che erano stati rimandati indietro. Il loro destino era finito nelle carceri non ufficiali. Se volete ve lo posso inviare. Le torture filmate sono terribili. Le donne e i bambini vengono torturati o venduti, gli uomini torturati. Mi chiedo che umanità c'è nel decidere di rimandarli indietro sapendo che il destino è di mandarli nelle mani dei trafficanti».

La politica di tanti paesi europei contro i migranti rispecchia l'opinione degli elettori, in maggioranza cattolici. Lei come si sente davanti a questa situazione?
«C'è tanta gente di buona volontà che è presa dalla paura, un sentimento sul quale fa leva la predica consueta dei populisti. Si semina paura e poi si prendono delle decisioni, dimenticando che la paura è l'inizio delle dittature. Come è accaduto in Germania, durante la caduta di Weimer, quando tra promesse e paure è andato avanti Hitler. Il risultato lo conosciamo. Dobbiamo imparare dalla storia. Seminare paure significa fare una raccolta di crudeltà, di chiusure e di sterilità. Pensiamo all'inverno demografico dell'Europa. Da noi in Italia è sotto zero. L'Europa è stata fatta di immigrazione, che è la sua ricchezza».

Che significato ha il documento che è stato firmato su Gerusalemme?
«Quando il dialogo è fraterno il rapporto è a vari livelli. Il dialogo non può essere di laboratorio, ma deve essere umano. È così che poi si arriva ai patti, come quello siglano sulla Città Santa. Un passo avanti che non è stato fatto da autorità, ma da fratelli credenti che soffrono nello stesso modo nel vedere che si vuole cambiare la città della speranza, una città universale per musulmani, cristiani ed ebrei».

In Francia è scoppiato il caso del cardinale Barbarin, condannato per non avere denunciato un prete pedofilo. Perché non ha accettato le sue dimissioni?
«Barbarin mi ha presentato le dimissioni ma io moralmente non posso accettarle: va fatta salva la presunzione di innocenza. Il tribunale si è pronunciato in primo grado. Ora vediamo cosa succede. Io penso che occorra andare oltre la superficiale condanna mediatica. In Spagna la condanna mediatica ha rovinato la vita ad alcuni sacerdoti che poi sono risultati innocenti».
 
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