Il Papa scrive a Enzo Bianchi: «Fratello tu ora sei in croce come Gesù ma io sono accanto a te»

Il Papa scrive a Enzo Bianchi: «Fratello tu ora sei in croce come Gesù ma io sono accanto a te»
di Franca Giansoldati
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Lunedì 24 Maggio 2021, 13:05 - Ultimo aggiornamento: 25 Maggio, 11:28

Città del Vaticano – «La cosa più importante che so, e che è più essenziale, quello che come fratello devo dirti, è che tu sei in croce». Papa Francesco ha preso carta e penna e ha scritto a Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose, dopo averlo fatto silurare alcuni mesi fa con un decreto che gli ordinava di fare valigia e ritirarsi definitivamente dalla Comunità ecumenica di Bose da lui fondata negli anni Sessanta, mettendo così fine ad una lunga, complessa (e per certi versi misteriosa) ispezione voluta dalla Segreteria di Stato vaticana (dietro autorizzazione del Papa). Il sito Silerenonpossum ha divulgato il testo della lettera personale e riservatissima che il pontefice ha inviato a fratel Enzo Bianchi, rammaricandosi per quello che è accaduto.

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«Quando si è in croce – si legge - non valgono le spiegazioni, soltanto  ci sono il buio, la preghiera angosciante 'Padre, se è possibile allontana da me questo calice' e quelle sette parole che sono a fondamento della Chiesa.

Quando si è in croce quelli che non ci vogliono bene sono contenti, tanti amici fuggono e spariscono, rimangono soltanto tre o quattro amici più fedeli, che non possono fare nulla per salvarci, ma ci accompagnano. Rimane solo l'obbedienza, come Gesù». 

«Caro Enzo, questo è l'essenziale della tua vita di oggi: sei in croce, come Gesù. Questo è il tuo tempo della lotta, del buio, della solitudine, del faccia a faccia con la volontà del Padre.  Ti vedo così e voglio essere accanto a te. Prego con te. E mi viene in mente anche la figura del grande Eleazar: tanti giovani ti stanno guardando. Ti sono vicino con amore di fratello, di "figlio spirituale" e di padre nella fede. Caro fratello Enzo, non scendere dalla croce. Sarà il Signore a risanare la situazione» annota ancora Francesco.

Il tono della riflessione è estremamente confidenziale e affettuoso. Il Papa anche se non tocca mai il tema dei provvedimenti adottati nei suoi confronti, di fatto apre una sorta di giallo sulle vicende che si sono susseguite e che hanno portato all'estromissione di Enzo Bianchi da Bose, un luogo divenuto famoso nel mondo e attualmente retto dal suo ex braccio destro, il monaco Manicardi. Si è forse trattato di un complotto? Il Papa è stato ingannato? Il giallo si staglia sullo sfondo insoluto. 

In passato si era parlato a più riprese di liti interne a Bose, di divergenze gestionali legate all'avvicendamento naturale, si era menzionato alla difficoltà  di Manicardi a governare una struttura che continuava a subire l'influenza fortissima del fondatore. Era stato fatto anche capire che esisteva una sorta di guerra per bande, da una parte i monaci fedeli a Bianchi e dall'altra quelli che appoggiavano Manicardi. In mezzo però tanti silenzi e ben poca voglia di fare capire all'esterno quali fossero realmente le ragioni del terremoto.

Il Vaticano investito della questione a suo tempo aveva deciso di mandare in loco tre psicologi religiosi, guidati da padre Amedeo Cencini – un veterano nella cura dei disagi psicologici all'interno delle comunità monastiche – per ricostruire attraverso colloqui riservati la vicenda e trovare una soluzione. Un rebus. Da qui il decreto firmato dalla Segreteria di Stato e dal cardinale Parolin (su autorizzazione del Papa) che di fatto intimava a Bianchi di lasciare il timone di Bose in mano a Manicardi.

Bianchi avrebbe dovuto inizialmente trasferirsi in una località sperduta della Toscana - Cellole - vicino a San Gimignano, ma il fondatore di fatto si era rifiutato di farlo, preferendo restare in un edificio situato a qualche chilometro da Bose anche perchè, come aveva fatto sapere, non godeva di buona salute e non poteva sostenere le spese necessarie. Nel frattempo il caso esplodeva in tutto il mondo, denso di domande: cosa c'è alla base di questo caos?

Il 13 maggio il segretario di Stato della Santa Sede, il cardinale Pietro Parolin, era costretto ad intervenire nuovamente e dettare le condizioni per l'uscita di Enzo Bianchi. Nel frattempo il clima si surriscaldava e le due fazioni in lotta – quella pro Bianchi e quella pro Manicardi – hanno iniziato a combattersi a suon di comunicati. Padre Amedeo Cencini inviato in loco, un anno fa, dal Papa, per cercare di ricucire lo strappo tra il fondatore Bianchi e il neo capo di Bose, fratel Luciano Manicardi aveva fatto capire che Bianchi poteva tranquillamente trasferirsi in Toscana: «Il comodatario stesso dispone di adeguati mezzi di sussistenza personali, come da me appurato, nel corso del mio operato per l’esecuzione del Decreto singolare del 13 maggio 2020».

Padre Cencini aggiungeva altre cose pesantissime. Innanzitutto ribadiva che la proposta a Bianchi di trasferirsi a Cellole era stata accettata dallo stesso priore nel novembre scorso, salvo poi ripensarci.  Il Decreto (avallato dal Papa) specificava che lo spostamento a Cellole doveva ultimarsi entro il 16 febbraio (quindi oltre un mese dopo) e precisava che le scadenze intermedie sarebbero state comunicate in seguito. Tra il 26 gennaio e il 2 febbraio cinque fratelli e due sorelle davano per iscritto la propria disponibilità a recarsi a Cellole alle condizioni indicate dal Decreto. 

«Si deduce che non è vero quanto afferma fratel Enzo che il Decreto gli ingiunge di trasferirsi a Cellole senza sapere né identità né numero dei fratelli e delle sorelle che sarebbero andati a vivere con lui». Il Comodato d’uso gratuito, scriveva ancora Cencini, essendo redatto a termini di legge, non indicava affatto «la possibilità di “cacciare” il comodatario, ma garantisce il comodante da un uso dei beni difforme da quanto pattuito».

Inoltre, veniva chiaroto che i terreni inclusi nel comodato erano quelli nelle immediate adiacenze degli immobili coltivati a orto. Altri terreni erano in affitto alla società agricola Agribose i cui soci sono fratelli e sorelle della comunità (socio di maggioranza), quindi tutti abilitati a coltivarli. «Contrariamente a quanto affermato da Enzo Bianchi, né il Decreto né tanto meno il Comodato d’uso, aggiungeva Cencini, contengono alcun divieto a “condurre vita monastica”, ma solo a fondare comunità, associazioni o altre aggregazioni ecclesiali. 

La lettera del Papa a fratel Enzo Bianchi è l'ultimo tassello di una vicenda ancora aperta che di fatto evidenzia il livello di scontro e apre altri interrogativi: che cosa sta succedendo in Vaticano?
 

 

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