I medici di famiglia:«Cosa fare per non trascurare
i pazienti no Covid»

I medici di famiglia:«Cosa fare per non trascurare i pazienti no Covid»
di Fabio Nucci
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Mercoledì 23 Giugno 2021, 08:59 - Ultimo aggiornamento: 10:20


PERUGIA Hanno sempre risposto presente, da quando in piena emergenza Covid si sono trovati a visitare pazienti a domicilio pur mancando ancora i presidi di protezione. E ancora oggi, in piena campagna vaccinale, restano in prima linea pur se in presenza di poche fiale per la profilassi anti Covid degli under 60 che con la consegna degli ultimi lotti Moderna oggi dovrebbe entrare a regime. Ogni ulteriore richiesta, però, metterebbe in crisi la categoria come conferma Leandro Pesca, segretario provinciale di Perugia del sindacato Fimmg, ricordando la mole di lavoro svolta quotidianamente anche per dispensare consigli agli assistiti disorientati dai vari input che si susseguono in tema di vaccini, specie sul caso AstraZeneca.
Dottor Pesca, la Fimmg nazionale si è espressa nettamente sulla possibilità che siate voi a stampare il green pass

 .«Condividiamo la posizione espressa dal sindacato a livello nazionale e non accettiamo questa visione “impiegatizia” della medicina generale. Non basta che portiamo avanti tutte le patologie extra-Covid e che ci occupiamo di vaccinazioni: coinvolgerci anche per rilasciare il green pass ci sembra eccessivo».
Come considera la presa di posizione dell’Ordine dei medici sulle vaccinazioni in farmacia?
«È stata una richiesta di chiarimento, di garanzie, non essendo andato in porto (per ragioni economiche) l’accordo che avrebbe visto i farmacisti seguire la parte amministrativa e burocratica e la medicina generale le somministrazioni. La Regione ha quindi fatto due accordi separati, ma quello con i farmacisti “zoppica” e loro stessi si sono resi conto: l’Ordine, quindi, tendeva unicamente a chiedere garanzie sulla presenza di un medico nelle farmacie sedi di vaccinazioni».
Da lunedì come categoria siete tornati protagonisti della campagna vaccinale.
«Stiamo procedendo ma il problema è che siamo senza vaccini, stanno consegnando 10/11 dosi a medico».
Perché?
«Da quanto risulta, l’obiettivo è cercare di consumare le scorte di AstraZeneca e chiudere progressivamente gli hub vaccinali per poi passare la vaccinazione a medici e farmacisti. Ma a fronte di questa partenza per gli under 60 negli studi di medicina generale, con prenotazione eseguita a livello centrale, siamo partiti lunedì ma in media è stata consegnata una confezione a medico. Il problema resta la scarsa disponibilità dei vaccini».
Come hanno reagito i vostri assistiti rispetto alle modifiche sulla somministrazione del farmaco Astrazeneca?
«Siamo sempre in mezzo a due fuochi, perché quando a un paziente sorge un dubbio si rivolge al proprio medico. Il quale si attiene alle conoscenze scientifiche che mutano in maniera veloce, anche rispetto alla vaccinazione eterologa e alla questione Astrazeneca: ma come lo spieghiamo ai nostri assistiti? Le informazioni scientifiche arrivano col contagocce e spesso le une contrastano le altre, ma le richieste di consigli sono continue».
Per chi ha ricevuto la prima dose Astrazeneca ora su base volontaria si apre al richiamo con lo stesso vaccino.
«Si, ma il medico non può fare schede anamnestiche per il farmacista o per gli hub vaccinali, diventerebbe un lavoro in più pauroso. Avendo la cartella clinica del paziente nel suo computer, il medico è un operatore che vaccina in modo più rapido, veloce e sicuro: non solo conosciamo le situazioni dei nostri assistiti, le abbiamo archiviate nei nostri dispositivi, ma non possiamo esportarle, sarebbe un lavorio insostenibile adesso con gli studi molto frequentati».
Siete sempre tirati in ballo, però.
«Certe affermazioni, anche da parte di figure istituzionali, spesso non sono suffragate dalla conoscenza delle aree di attività: il medico di medicina generale non si è mai sottratto quando chiamato in causa.

Ma oggi ci troviamo a fronteggiare situazioni anche critiche di pazienti che non hanno potuto fare esami specialistici e ora magari si ritrovano con diagnosi serie da affrontare. Invece, in un momento in cui come categoria avremmo bisogno di riposare, ci stanno chiedendo e ci stiamo adoperando per fare il possibile e l’impossibile».

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