PERUGIA - Diego Cavalli ha sacrificato la sua vita per uno scherzo, ma ha fatto la sorpresa più grande a tre persone a cui, quella stessa vita, l'ha regalata.
Il quarantenne caduto da un balcone a Ferragosto, mentre giocava a gavettoni con i parenti, è infatti deceduto in ospedale, tenuto in vita dalle macchine il tempo necessario per consentire il suo ultimo regalo: il fegato e i due reni, espiantati per salvare la vita a tre pazienti del centro Italia. Quando è stato chiaro che per lui, purtroppo, non c'era più nulla da fare, le comunità di Città di Castello, Umbertide e Pieve Santo Stefano (dove oggi alle 17 si terranno i funerali) sono rimaste straziate. Ma la sua scelta di vita, la volontà di donare i suoi organi, il desiderio espresso di aiutare chi ne avesse bisogno, hanno dato il via alla frenetica notte che, dall'ospedale Santa Maria della misericordia, ha dato la possibilità a tre persone di far rivivere Diego come il dono più prezioso.
A raccontare quella notte è l'esperto anatomopatologo Michele Giansanti, a capo del gruppo toraco-polmonare, che si è occupato di valutare lo stato degli organi di Diego per dar loro nuova vita. Lo ha raccontato due giorni fa su Facebook, in un post che voleva sensibilizzare i cittadini sull'importanza della donazione degli organi, raccontando anche come la pandemia («Notte di espianto, non capitava da tanto tempo») abbia avuto tra i suoi effetti indiretti anche quello di rallentare l'attività di trapiantologia, specialità complessa e “notturna”.
«Alla notizia della possibilità di una donazione e quindi di un trapianto – spiega al Messaggero – ci sono poche ore di tempo, in cui si attiva la Rete nazionale trapianti (l'unica sanità rimasta davvero nazionale) e chirurghi, anestesisti, radiologi, immunologi, medici legali e patologi si attivano». «Partono in aeroplano i chirurghi instancabili, già in preallarme, è di notte che le sale operatorie sono libere dall'attività programmata, in questa notte tutto deve concludersi», aveva scritto il giorno prima sui social, commovendo e dando il senso di un'attività davvero complessa, dove il tempo è spietato e la speranza tiene svegli e vince sulla fatica.
«La donazione è importante – riprende la conversazione -, è un segmento della sanità di tipo altruistico: la trapiantologia è un tipico tema di coscienza sociale ed educazione sanitaria. È vero, c'è una vita che va via, ma dall'altra parte c'è un ricevente che attende una telefonata con la valigia in mano.
IL DATO
In Umbria, negli ultimi anni, in base ai dati forniti dalla Rete e dal Centro nazionale trapianti, in realtà non sono stati tantissimi i casi di donazione, soprattutto per una percentuale di opposizioni che per esempio solo all'ospedale di Perugia nel 2019 è stata del 61,5 per cento (nel 2018 era meno della metà, il 27, 8%). «Si dovrebbe capire – prosegue il professionista – che anche organi di persone anziane possono essere utili. Organi dei cosiddetti donatori marginali possono allungare comunque l'aspettativa di vita di un malato terminale, come chi magari ha mangiato un fungo velenoso che può portare a un'insufficienza epatica tale per cui si hanno tra le 12 e le 24 ore di tempo per trovare un fegato nuovo: la donazione è importante a tutte le età». Soprattutto visto che l'età media dei donatori è aumentata: per fortuna, ma soprattutto grazie alle nuove attenzioni per la sicurezza stradale e sul lavoro. Ma quando avviene l'imponderabile, come uno scherzo che spegne per sempre un sorriso, può essere consolante immaginare che il cuore invece possa continuare a battere.